Il questionario di Proust: Mauro Danelli

Mauro DanelliDove ti piacerebbe vivere?
A Pordenone mi trovo bene, è una città che ti dà tranquillità, con tutti i rovesci della medaglia che vuoi. Ma a volte esco di qua alle due di notte, giro per la città anche per un’ora, senza problemi. Quindi la città ha anche dei vantaggi. Pordenone è anche un movimento culturale abbastanza interessante, anche per quello che vediamo adesso (giornate di Pordenonelegge, ndr).
Non tanto per quanto riguarda i lettori, ma per gli scrittori. Non ci sono mai stati così tanti scrittori come in questo momento (che può essere un bene o un male), la città è molto diversa rispetto a 20 anni fa.
Poi ci sono i posti di cui ti innamori, ma se ci andassi a vivere forse non sarebbe lo stesso. Ad esempio c’è un villaggio sopra Pesaro, a Casteldimezzo, affacciato sul mare, in mezzo alle colline, nella quiete totale…forse ci andrei da pensionato.
Secondo me Roma è la città più bella del mondo, per storia, per poesia, credo non abbia confronti. Però l’ho vista solo in agosto, e quindi non so come sia la vita durante l’anno. Da quello che dicono sembra che il resto dell’anno sia impraticabile. Non mi sposterei là però, ci passerei soltanto dei periodi.
Mi piacerebbe fare il libraio in Francia, è un altro mondo. Guardando l’Italia, io mi sto convincendo sempre di più che sia fondamentale per i ragazzi la storia. Dovremmo ripartire dalla spedizione dei Mille, dal Risorgimento, si capirebbe come sono andate le cose davvero.
La conclusione è che noi italiani non ne usciamo da questa situazione. Subito dopo ti dico: bisogna continuare a resistere, a lottare. Però è dura. A uno studente direi: vattene da qui.
A mio figlio che è Parigi dico: resta là. Là vedi la gente nei giardini, in metropolitana col libro in mano. Conosco librai “militanti” a Parigi. Certo, è una città grande, ma Roma è anche più grande come centro. Però non è pensabile fare il libraio militante qui.

Il tuo ideale di felicità terrena?
Penso che uno deve avere una missione, un ideale per cui combattere. Certo, non son per l’apatia, per la quiete. Uno deve lavorare, avere il senso dell’abnegazione, del dovere.

Per quali errori hai più indulgenza?
Quello in buona fede, cioè automaticamente quello per cui ci si ravvede. Altrimenti sono molto pesante, non transigo.

Il tuo personaggio storico preferito?
Non c’è, non credo agli eroi, ammiro solamente certe persone. Credo nella microstoria, nella storia fatta dalla gente. Poi certo ci sono delle persone che fanno da catalizzatori, però io credo davvero che una persona da sola non cambia il corso degli eventi. Ad esempio Napoleone si è trovato in un momento storico favorevole. E poi mi chiedo: ma se non fosse comparsa quella figura, quel fenomeno, sarebbe stato meglio o peggio? Per il Sud, la spedizione dei Mille è stata qualcosa in meglio in peggio? Ho una grande ammirazione di Garibaldi come personaggio, però non ho questa tendenza a vederli come eroi. Se vuoi, il personaggio a cui mi sento particolarmente vicino è Pasolini, che considero l’ultima genialità italiana. Dopo di lui c’è il vuoto. Forse aveva un po’ di sacralità della cultura, però era contraddittorio, bisogna prenderlo nella sua interezza. Dunque, vita, poesia, letteratura: sempre contro il potere. In questo senso è stato veramente notevole. Ha vissuto 55 anni e quello che è riuscito a fare in questo arco di tempo è straordinario, senza mai probabilmente raggiungere il capolavoro, ma è l’insieme che è un capolavoro.
Un altra figura importante è quella di Giulio Einaudi, che ha fatto una cosa unica al mondo, cioè formare una casa editrice, mettendo intorno al tavolo tutte le intelligenze di quel momento. Da lì sono passati tutti, ricordiamo Bompiani, Longanesi, Calasso che ha fondato l’Adelphi, Bollati che ha ripreso in mano la Boringhieri, sono usciti tutti da lì.

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Intervista a Mauro Danelli, il libraio del Segno

librerie

Diciamo subito che questa è un’intervista sul mondo del libro fatta a Mauro, il più importante libraio di Pordenone (ma, vorremmo dire, non solo). (Mi assumo volentieri la responsabilità di tale affermazione…).
In questi anni ha visto cambiare la città e il Paese. E con essi le abitudini legate alla lettura, che si ripercuotono sull’organizzazione stessa della libreria, sempre più portata a intrattenere e ad arricchire la gamma di prodotti venduti, anche a scapito della sua missione originaria.

Puoi riassumerci brevemente la storia della tua libreria?
La libreria è nata nel 1978, inizialmente eravamo in tre, e per molto tempo siamo rimasti in tre. Poi via via nel corso del tempo si sono aggiunti altri soci, fino a diventare un massimo di 18 persone, mentre adesso siamo in 16. Nel 1984 è stata aperta la prima sede in via Oberdan – in realtà era in via Mazzini perché eravamo sotto alla galleria vicino alla stazione – poi è stata aperta la seconda sede, quella in vicolo del Foro. Nel tempo poi abbiamo aperto le altre filiali, sia in città che fuori città; attualmente abbiamo 5 sedi, una qui a Pordenone, una a Portogruaro, una a Sacile, una a S. Vito al Tagliamento e una a Cordenons.
Diciamo che ci siamo dati una struttura di piccola catena, però ci tengo a dire che si tratta di una catena di librerie che conservano tutte quante lo spirito della libreria indipendente, quindi ogni libreria conserva una sua personalità, sia dal punto di vista della struttura fisica che del modo di lavorare, avendo ovviamente delle linee similari, e un tipo di conduzione abbastanza omogeneo.
Stiamo portando avanti una battaglia molto dura, anche perché l’anno scorso si è aperto un nuovo capitolo nel mondo del libro, perché per la prima volta una crisi economica, che sappiamo in realtà partire da ben prima, ha avuto degli effetti devastanti sul mondo delle librerie. In passato ad esempio si era resistiti, mentre l’anno scorso molte librerie indipendenti hanno chiuso al ritmo di una alla settimana, anche librerie storiche come la “Italo Svevo” a Trieste, 100 anni di vita probabilmente, Draghi a Padova, più di 100 anni di vita, o che si sono svendute alle grandi catene cioè quindi hanno perso la loro identità di librerie indipendenti e questo non è meno grave di una chiusura.

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