Si sente spesso parlare di amici. Chi sono gli amici? Abbiamo amici a scuola, al lavoro, persino su facebook. Eppure non basta far scorrere la freccetta del mouse su uno schermo virtuale; gli amici si costruiscono da vicino, non senza frustrazione, delusioni e rimorsi. L’amicizia è condivisione, essere liberi con sé e con gli altri. L’amicizia è come la filosofia, è per i bambini, per i giovani e per i vecchi, anche se è nell’adolescenza che si fa di questo sentimento un bisogno quasi irrefrenabile, un impulso morboso che sconfina talvolta nell’immagine dell’identità sessuale. E infatti un labile confine a dividere l’amicizia dall’amore. Sia l’amicizia che l’amore sono basati sulla ricerca dell’altro, un bisogno di esternare se stessi, di trovare uno spazio lì fuori, seppur angusto, alla nostra ingombrante identità. La metafora di un cavallo che non è disposto ad uscire dal proprio recinto a meno che non abbia un’amica, significa che senza qualcuno a cui vogliamo bene non siamo disposti a cambiare. La differenza è che l’amore è animalesco, è una passione che ha bisogno di essere soddisfatta, che seduce l’uomo e che ne limita la possibilità di scelta. L’amore è un sentimento viziato, che oscilla tra piacere e assenza di piacere. Anche l’amicizia oscilla a suo modo tra la compagnia e la solitudine. L’uomo alterna al bisogno di compagnia il fastidio di sentirsi invaso e inizia a fantasticare sulla sua solitudine. Siamo come i ricci di Schopenhauer, che d’inverno si avvicinano per potersi riscaldare, poi però si pungono con gli aculei e sono costretti ad allontanarsi nuovamente.
E se la solitudine non fosse un desiderio, ma una triste realtà? Se l’uomo fosse veramente solo, sul cuor della terra come avrebbe detto Quasimodo? Se l’amicizia fosse solo un emblema di frivolezza e di superficialità? E perché condividere gli aspetti di noi stessi attraverso l’amicizia? In fondo, se è vero che siamo tutti diversi, è anche vero che non abbiamo niente in comune.
Giulio Bertolo 5 Bg Leopardi-Majorana