Incontri con la canzone di Giorgio Gaber in Biblioteca Civica

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A oltre dieci anni dalla scomparsa la personalità e l’opera di Giorgio Gaber, oltre l’unanime riconoscimento della loro validità ed importanza, continuano a prestarsi a letture anche molto lontane: Gaber rimane una figura controversa (il che può essere peraltro un segnale della sua intatta attualità) per molti aspetti del suo lavoro e specialmente per gli esiti estremi della sua ricerca personale ed artistica. Annesso disinvoltamente da destra e sinistra, resiste invece risolutamente ad ogni omologazione agli schieramenti dominanti, avvicinandosi in questo ad un altro grande irregolare della canzone italiana, Fabrizio De André, del resto anche lui venuto a mancare poco tempo prima.
Diventa allora una necessità, non solo un’opportunità, ripercorrere  un lungo itinerario “in direzione ostinata e contraria”, fino agli ultimi contributi di un autore non passato in giudicato. La Biblioteca Civica di Pordenone intende, anche in questo caso, offrire l’occasione per accostare, a grandi linee,  i tre tempi e volti della parabola gaberiana, con l’aggiunta di un quarto incontro per assaporarne la lucidità ed il rigore intellettuali quanto la straordinaria energia performativa che solo un video che ripercorra tutta la carriera può assicurare.

Calendario degli incontri a cura di Luigi Gregoris (alle 18 in Sala Conferenze “Teresina Degan”):

giovedì 6 marzo
Dagli esordi al congedo dalla televisione
 
giovedì 13 marzo
La parabola del Teatro Canzone
giovedì 20 marzo
Disincanto e nichilismo nell’ultimo Gaber
 

giovedì 27 marzo
Storie del signor G

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IL RITORNO DEI CLASSICI D’AUTORE ITALIANI – Incontri in Biblioteca

LA CANZONE ITALIANA – IL RITORNO DEI CLASSICI D’AUTORE ITALIANI

A cura di Luigi Gregoris

Sala “Teresina Degan”- Biblioteca Civica – piazza XX Settembre

ore 18.00 

martedì 3 aprile, Fabrizio De André. La buona novella

martedì 10 aprile, Francesco Guccini, Radici

martedì 17 aprile, Francesco De Gregori, Rimmel

 

            In un periodo di incertezze e declino non solo musicali, riveste un significato importante il ritorno ed il riascolto di alcuni album degli anni Settanta che sono a tutti gli effetti dei classici della poesia in musica del secondo Novecento per qualità compositive e di scrittura tanto da potersi annoverare fra gli evergreen della canzone italiana, capolavori di una stagione d’oro probabilmente irripetibile.

            Fabrizio De André ha sempre considerato La buona novella (1970) forse il suo lavoro migliore: la celebre rilettura della figura di Cristo, secondo l’ottica particolare dei vangeli apocrifi, non ufficiali, conferisce a questo album una singolarità assai rilevante, senza contare la presenza di brani come il notissimo Testamento di Tito o Ave Maria e la collaborazione decisiva di un allora giovanissimo Nicola Piovani, a garantire la bontà e la qualità di un’operazione musicale e letteraria senza confronti anche fuori del nostro paese. Tipicamente deandreiana è poi la costruzione di un concept album, anch’essa poco comune in Italia, per cui si è in presenza di una vera e propria narrazione senza soluzione di continuità, a parte lo stacco temporale tra l’infanzia di Maria e Gesù e la parte finale dedicata alla crocifissione

            Francesco Guccini trova in Radici (1972) la sua consacrazione, ma anche un album “magico” per il fatto che sette composizioni sono tutte di eccellente livello, fra cui le notissime La locomotivaPiccola cittàUn vecchio ed un bambinoLa canzone dei dodici mesi, caso pressoché unico nella lunga attività del cantautore emiliano oggi settantaduenne, ma ancora in grado di calcare il palcoscenico con buon riscontro di pubblico. Dopo i primi LP e le famose canzoni composte per i Nomadi (Dio è morto) o per l’Equipe ’84 (Auschwitz) comincia qui il lungo percorso solista di un autore che forse non ha proferito la sua ultima parola.

            Francesco De Gregori, quando firma Rimmel (975) ha 24 anni, ma il disco rappresenta un vero salto di qualità per pubblico e critica (tutto l’album, a partire dal brano eponimo è di elevato livello: basti  almeno ricordare i notissimi Pablo e Buonanotte fiorellino, ma ancheQuattro cani e Pezzi di vetro), nonostante talune riserve sul presunto “ermetismo” di questa fase, in realtà moderna e suggestiva polisemia di stampo anglosassone, tanto da avviare il cantautore romano verso una carriera fra le più importanti in Italia, facendolo considerare un vero caposcuola e, di fatto, il terzo padre della poesia in musica nazionale.

LUIGI GREGORIS, si è laureato in Lettere all’Università di Padova e si è specializzato in Musicologia e Didattica della musica all’Università di Roma-Tor Vergata. E’ cultore di Friunalistica presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Udine. Si è occupato della poesia minore del XIX secolo, da Berchet ai precursori del crepuscolarismo, nei volumi relativi all’Ottocento della Storia letteraria d’Italia (Vallardi). Ha pubblicato diversi saggi riguardanti la canzone italiana e friulana in riviste scientifiche.