Cosa leggono i prof. – Liviana Covre

Il verbo leggere non sopporta l’imperativo

Se è vero, come diceva Gianni Rodari, che il verbo leggere non sopporta l’imperativo, è anche vero che non ricordo momenti in cui i libri non abbiano scandito la mia vita.  Ho sempre creduto che il mio tempo debba spendersi, quasi quotidianamente, in libreria, ad “annusare” i nuovi libri che escono o a cercare spunti per discussioni con i miei studenti. Non so quando ho capito il potere della lettura, ma, in momenti non facili della mia vita, ho imparato che il piacere generato dalla parola scritta poteva salvarmi e che gli effetti collaterali, fatti di dipendenza e di adesione a un mondo di sodali, erano molto più vitali delle volute di fumo generate dalle erbe illusorie fumate dai miei compagni di gioventù. Le pagine dei libri mi hanno dato la forza di affrontare la vita con le gioie e le sofferenze che la governano, perché i libri che mi sono scelta hanno generato risposte o dubbi, ma mai sono stati silenziosi compagni. Il solo libro lasciato a metà è legato alla dolorosa esperienza della morte di mio padre e alle ore che ne hanno scandito l’agonia. Leggevo per non vederne la fine imminente, ma in quella dolorosa veglia notturna non sono riuscita a portare a termine una lettura carica del mio e del suo dolore.

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