Le Voci del corpo / 3 – Eliana Villalta e Patrizia D’Agostino il 19 febbraio in Biblioteca Civica

Biblioteca Civica di Pordenone – Sala “Teresina Degan”, 19 febbraio 2014 – h. 17:30

Eliana Villalta – Il gusto del corpo

L’uomo è ciò che mangia? E come mangia? Si potrebbe aprire anche così, utilizzando la più classica delle citazioni, il breve intervento sul corpo che esplora il problema del gusto al confine fra estesiologia, estetica, antropologia filosofica. D’altra parte, questo è diventato un luogo comune, un punto di passaggio quasi obbligato per chi scrive di gusto.
Tuttavia, l’enorme successo del tema, oramai declinato prevalentemente in termini eno-gastronomici, suggerisce inevitabilmente anche altre domande e costringe a fare i conti con le tradizioni anche dal punto di vista di un’economia che in termini generali è anche politica.
Siamo alla frutta? In altre parole, un tale fenomeno è solamente la manifestazione di una spoliticizzazione estetizzante favorita a tutto campo dai media, oppure rivela anche la complessità di ciò che chiamiamo, con una parola forse troppo povera, corpo?
L’idea che muove il discorso è quindi quella di mettere in luce la rilevanza del gusto sottesa da un fenomeno culturale e di costume che sembrerebbe farne semplicemente un cascame di una presa di possesso totale dei corpi da parte del mercato.
Di tutto ciò la filosofia si è occupata da sempre, ma non è un caso che sia stata la modernità a elaborare una complessa categoria del gusto che ha in parte giocato contro il modello ascetico precedente, ripetendone tuttavia alcuni tratti metafisici. È Kant il punto nodale di un discorso che, ripreso da alcuni filosofi contemporanei, può ancora guidarci in una ricerca che presenta interessanti e forti caratteri problematici.
Ancora oggi, nell’immensa letteratura sul gusto, la ricchezza e l’ambiguità di questo concetto tende a essere ridotta all’interno di uno schema metafisico implicito in cui paradossalmente è proprio il corpo a farne le spese. Che ne è dunque del corpo quando si parla di gusto? Dobbiamo arrenderci all’ovvietà della degustazione? O proprio in essa si nascondono aspetti importanti di una dimensione intersoggettiva che non collima con la preferenza individuale?

Patrizia D’Agostino – Quando il corpo si fa lingua

L’idea del corpo che si fa lingua nasce dall’incrocio tra due percorsi, uno linguistico e l’altro letterario. Il testo di Jean-Jacques Lecercle, Una filosofia marxista del linguaggio (Mimesis, Milano-Udine 2011), muove dalla critica della linguistica strutturalista e dall’esigenza di formulare una teoria del linguaggio materialistica: il linguaggio implica il materialismo sia in un senso più stretto in quanto riguarda corpi parlanti, sia in un senso più ampio, quello delle istituzioni e degli apparati che producono discorsi e atti linguistici. Una linguistica materialistica non può che partire dal corpo, da un corpo erotico, da un corpo che fatica, da un corpo che non è solo individuale, ma anche sociale e storico. Una tale concezione della lingua si trova testimoniata nell’opera di François Rabelais, di cui Michail Bachtin ha fornito un’indimenticabile interpretazione nel saggio del 1965 L’opera di Rabelais e la cultura popolare; con il robusto supporto del saggio dell’intellettuale russo, che non smette di sorprenderci per la fecondità e la ricchezza delle sue intuizioni e argomentazioni, per il pathos che si sprigiona dalle sue parole, ci avviciniamo al capolavoro di Rabelais, Gargantua e Pantagruele (1542), in cui percepiamo un’eccezionale predominanza del principio materiale e corporeo della vita. Un’ultima riflessione prenderà le mosse da un racconto di un altro grandissimo della letteratura, Carlo Emilio Gadda; in Anastomòsi assistiamo a un’operazione chirurgica in cui il corpo non ha più il carattere positivo, gioioso, cosmico del corpo rabelaisiano: è il corpo biologico, il corpo della medicina studiato a partire dal cadavere; la lingua dell’operazione è quella seria e precisa che gli elleni dalla eterna parola hanno potuto concedere, dopo secoli, alla necessità evidenziatrice delle scienze. Alle immagini aperte, iperboliche, ambivalenti del corpo grottesco rappresentato nel XVI secolo dal medico Rabelais, fa eco, a qualche secolo di distanza, la scena del corpo univoco, statico e mortificato, raccontato dall’ingegner Gadda. è tuttavia proprio attraverso la sua scrittura complessa, eccessiva, vibrante di emotività e drammaticamente tesa alla ricostruzione di un ordine sentito come necessario, che emerge l’irriducibilità del corpo a meccanismo biologico e il desiderio di armonia e di ricongiungimento con la totalità della vita nelle sue infinite relazioni.

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Fabbricare l’uomo – Tecniche e politiche della vita

Fabbricare l'uomo

Mimesis, Milano-Udine 2013
(A cura di Beatrice Bonato e Claudio Tondo)

Da tempo gli esseri umani sognano e temono un prossimo futuro postumano, in cui macchine e organismi viventi si fonderanno. È il senso più appariscente e inquietante della “fabbricazione dell’uomo”: una manipolazione tecnica in grado di intaccare i confini della vita. In un diverso senso, alla propria fabbricazione l’umanità si dedica da millenni, attraverso interventi ed esercizi antropotecnici. Il postumano non farebbe in tal caso che esaltare la tensione perenne dell’umano all’autosuperamento. La condizione postumana può infine essere intesa come rinuncia a concepirci quale assoluta eccezione tra le specie animali, per riconoscere la nostra appartenenza a una comune zoosfera. Il volume si muove fra le tre prospettive, esplora alcune varianti del nuovo racconto sull’aldilà dell’umano, cercando di non perdere di vista il gioco di forze implicito nelle tecniche della vita, il loro rapporto con il potere, le sfide da esse lanciate all’etica, al diritto, alla politica.

INDICE

Introduzione

Giovanni Leghissa
Il postumano: un nuovo paradigma? – Riflessioni a partire dall’antropologia di Hans Blumenberg

Marina Maestrutti
Transumanisti e “bioluddisti”. Quale democrazia e quale etica per il postumano?

Roberto Marchesini
Tecnopoetiche postumanistiche

Claudio Tondo
La manutenzione dell’umano. Estendere la vita e vincere la morte nella prospettiva delle tecnoscienze

Antonio Lucci
Il concetto di tecnica nel pensiero di Peter Sloterdijk

Eliana Villalta
Ancora Lettere sull’umanismo?

Beatrice Bonato
Il presente dell’umano

Tiziano Sguazzero
Dignità e libertà dell’uomo. Le premesse filosofiche del dibattito sulla dignità umana

Francesca Scaramuzza
Animali singolari

 

Esiste una scienza postmoderna? Il caso particolare della medicina

Domani mercoledì 29 febbraio 2012 alle ore 18.00, presso la Sala “Teresina Degan” della Biblioteca Civica di Pordenone, ci sarà il quarto appuntamento con le Conversazioni sul Postmoderno. Letture critiche del nostro tempo organizzato in collaborazione tra Biblioteca Civica, Liceo Leopardi-Majorana e Società Filosofica Italiana Sezione Friuli Venezia Giulia.L’ingresso è libero a tutta la cittadinanza. Domani nello specifico interverranno:  Eliana Villalta e Piero Cappelletti.

Un duplice interrogativo sorregge la conversazione a due voci in questo quarto incontro: da un lato ci s’interrogherà sul peculiare statuto epistemologico della medicina, dall’altro sulla liceità di un suo accostamento al pensiero di alcuni filosofi considerati postmoderni, più che al fenomeno sociologico complessivo. Data l’ampiezza delle questioni poste, abbiamo scelto di affrontare solamente alcuni punti ritenuti decisivi, scartando risolutamente la possibilità di accostarci alla nebulosa di “medicine postmoderne” o alternative, come pure allo spettro della patologie oramai qualificate con lo stesso vago aggettivo. Dopo una breve introduzione, si cercherà di rendere conto della specificità teorica e pratica della medicina, illustrandone alcuni problemi di metodo, anche mediante l’esemplificazione di alcuni modelli diffusi. Si discuterà quindi su tali modelli, affrontando in seguito i problemi posti dalla relazione terapeutica e dalla “medicalizzazione” delle nostre società. Sebbene il tema si possa prestare ad un approfondimento sul versante della biopolitica, tale angolatura ci è sembrata meno pertinente in questo contesto, pur essendo essa stessa una spia della difficoltà di circoscrivere filosoficamente il postmoderno. Abbiamo perciò preferito prendere altre direzioni. Una parte della conversazione toccherà, infatti, la discussione attuale sulla formazione medica e sulla possibile riforma dell’insegnamento universitario, poiché esso sta a cuore sia alle istituzioni mediche, sia ai cittadini in generale, soprattutto ai giovani.

Oltre all’esigenza di delimitare il campo discorsivo, tali scelte ci sembrano suggerite dal taglio della stessa domanda e, soprattutto, dalla presenza di una profonda riflessione sulla medicina e sulle scienze della vita attuata da Michel Foucault e Jacques Derrida nel corso di tutta la loro opera. Il loro pensiero, a torto definito spregiativamente postmoderno ed erroneamente considerato ostile alle scienze, ha permesso di comprendere questo vastissimo campo di saperi spesso trascurato dalle epistemologie e delle storie della scienza più celebri nella seconda metà del Novecento. Anche se la loro non è una domanda tradizionale sul metodo o sulla verificabilità o falsificabilità empirica o sperimentale in medicina, certamente essi si sono interrogati a lungo sulle condizioni di possibilità delle scienze. La risposta alla domanda Esiste una scienza postmoderna resta invece da scoprire.

 Eliana Villalta e Piero Cappelletti

Eliana Villalta insegna Storia e Filosofia nel Liceo Scientifico di San Vito al Tagliamento. Si è laureata presso l’Università di Bologna con Enzo Melandri, presentando una tesi sulla fantasia nel De Anima di Aristotele. Dopo la laurea ha collaborato continuativamente con la Sezione Friuli-Venezia Giulia, nella quale ricopre ruoli organizzativi, direttivi e redazionali. Alcuni suoi articoli sono apparsi nella rivista “Edizione”. È recentemente uscito presso l’editore Mimesis l’ultimo volume dei Quaderni della Rivista “Edizione”, Animali, uomini e oltre, da lei curato insieme a C. Furlanetto.

 

Piero Cappelletti, medico, è stato a lungo Primario del Laboratorio di Patologia Clinica dell’Ospedale di Pordenone e Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio. Attualmente è Direttore Generale del CRO di Aviano. È stato Professore a contratto presso la Facoltà di Medicina di Udine per diversi anni e si è dedicato all’attività scientifica, anche come Presidente Nazionale della Società Italiana di Medicina di Laboratorio. Da 7 anni è Direttore Responsabile della “Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio”, Springer Editore. Attualmente è al secondo mandato come Presidente dell’Ordine dei Medici, chirurghi ed odontoiatri della Provincia di Pordenone.