The special need

The special need

Il “bisogno”. “Speciale”. Il titolo è criptico, forse per incuriosire. Ma poi, quando si scopre cos’è questo speciale bisogno, si capisce che la vaghezza allude anche ad un tabù. Sesso. Non solo: il bisogno di sesso di un disabile. Wow! ce n’è per preoccupare, scandalizzare, far temere pruderie o sciaccallaggio, morbosità o retorica.
E invece no: sorpresa! Carlo Zoratti ci racconta una storia, semplice, bella e delicata.
Una storia, prima di tutto, di amicizia: è la storia, vera, di tre giovani amici. Uno dei tre, Enea, è disabile mentale: 29 anni, ma gioca con le pistole ad acqua come un bambino. Eppure… ha l’età per avere una ragazza e la vuole, la cerca, è la sua fissazione. Potrebbe essere un dramma, invece diventa una scoperta di sé. La differenza la fanno gli amici, che si fanno carico del suo problema e lo aiutano in un “on the road” sentimentale: si ride, si pensa, ci si intenerisce…  alla fine Enea dice “Ho imparato molto”, e noi, con Carlo, stiamo pensando “Abbiamo imparato molto anche noi”.
Non vedo l’ora di far vedere il film ai miei allievi adolescenti. C’è l’amicizia vera, quella in cui sai ascoltare e accompagnare un amico senza lezioni da dargli, solo standogli accanto e cercando insieme la strada. C’è il rapporto con la disabilità, che risalta in tutta la sua “diversità” senza che questo mai sfiori la disparità né, tantomeno, il pietismo. E c’è la luminosa ricerca dell’amore come spontaneo, inevitabile completamento di sé. Tutto è molto “pulito”, naturale: i discorsi per snebbiare il marasma interiore, gli incontri con le donne – ragazze per strada, prostitute, amiche, “terapeute” -, la scoperta del contatto fisico e del sesso.
Per i ragazzi senz’altro un esempio di sana gestione delle loro pulsioni, troppo spesso negate, oggetto di vergogna o – viceversa – di esibizione. Un modello di ricerca problematica, ma non per questo meno gioiosa, di un amore completo. Un rinforzo nella costruzione di relazioni forti.
Grazie, Carlo, ne avevamo uno “speciale bisogno”!

Antonella Polesel

Una pagina che mi ha cambiato la vita: L’infelicità perfetta non esiste – Antonella Polesel

Foto CategoriaUna pagina che ti ha cambiato la vita, mi è stato chiesto. Bella domanda…
Siamo quello che mangiamo, ripeto sempre ai miei studenti. E quante pagine ho mangiato! fin da piccolissima, quando sputacchiavo la pastina sul libro di Cappuccetto Rosso. E poi, bambina, nei miei nascondigli segreti, rintanata con avventure di pirati e cavalieri. E poi più grandicella, a farmi rimproverare dal papà perché leggevo invece che guardare il viaggio dal finestrino. O quando mi svegliavo alle cinque, d’estate, a godermi la frescura e le allodole con i libri di fate. E poi adolescente, a divorare romanzi dell’Ottocento appollaiata sulla conigliera dei nonni, celata dai rami bassi del tiglio. O a viaggiare per la Grecia con il libro delle tragedie. E poi e poi e poi… se siamo quello che mangiamo, ogni pagina mi ha cambiato la vita ed è responsabile di quello che sono.
Ho vissuto molte vite oltre alla mia, ho cercato risposte, ho trovato domande, ho intravisto fari di orientamento e modelli di comportamento.
E allora, per decidere qual è LA pagina che mi ha cambiato la vita, ho cercato nel cuore del problema dei problemi: la possibilità di convivere con la sofferenza umana. E ho voluto rendere un tributo al senso di sollievo che ho provato leggendo le parole di chi più che mai nella sofferenza umana era stato immerso fino alle ossa, eppure ne aveva ricavato una morale semplice: come la felicità perfetta non è realizzabile, così non esiste neanche un’infelicità perfetta. E non perché siamo eroi, ma perché siamo finiti, e niente che sia infinito ci appartiene.
È una morale piccola piccola, che accetta le nostre miserie e la nostra capacità di attaccarci alle piccole cose. È la capacità di sopravvivenza non già dei grandi uomini, ma “di un comune campione di umanità”. È la semplice consapevolezza che possiamo non farci schiacciare dal dolore del mondo, e neanche dal nostro, e che non dobbiamo sentircene in colpa.
È lo stesso sollievo che sento leggendo il Vangelo, il libro degli umili. Quei poveri discepoli che non capiscono niente, i bambini, i peccatori, le donnacce, perfino Pietro rinnegato. Lì i conti non tornano: gli operai dell’ultima ora vengono pagati come quelli della prima, si amano i nemici, si invitano a nozze i barboni. Eppure capisci che va bene così, la vita che ti piace è quella lì, e tu non sei diverso.
Quello che mi ha cambiato la vita è stato qualcosa che ha bilanciato l’effetto schiacciante della mia educazione: nell’ansia da prestazione che mi era stata inculcata, nel senso del dovere, nell’urgenza di fare qualcosa per “salvare il mondo”, queste parole hanno aperto una breccia nella disperazione del “non ce la farò mai” e hanno lasciato la pacatezza del “ce la farò a vivere momento per momento” sostenuta da “questo insensato pazzo residuo di speranza inconfessabile”.
“Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell’altro, incertezza del domani. Vi si oppone la sicurezza della morte, che impone un limite a ogni gioia, ma anche a ogni dolore. Vi si oppongono le inevitabili cure materiali, che, come inquinano ogni felicità duratura, così distolgono assiduamente la nostra attenzione dalla sventura che ci sovrasta, e ne rendono frammentaria, e perciò sostenibile, la consapevolezza.
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Il mitico gioco dell’oca

Disponibile a scuola il Mitico Gioco dell’Oca, divertente gioco educativo creato dalle classi IV C ginnasio e IV E ginnasio con l’aiuto delle proff Martina Chiarottin e Antonella Polesel.

DSC01038Si tratta di un normale gioco dell’oca, con la particolarità che per avanzare bisogna rispondere a domande di mitologia greca. Ci sono tre livelli di domande: domande Eros (facili), Atena (medie), Medusa (difficili). A seconda del grado di difficoltà si procede per più o meno caselle. Ci sono, come in tutti i giochi dell’oca che si rispettino, fermate obbligatorie e “ponti” di agevolazione. Il percorso è disseminato di numi tutelari in 3D e la meta è un vero modellino in cartapesta di un tempio greco, dedicato, naturalmente, alla dea Nike. Il tabellone è stato progettato e realizzato da Beatrice Del Zotto e da Eugenia Introvigne, le pedine da Michael Rossit.
DSC01175 DSC01020Noi abbiamo giocato in quattro squadre (Antigone, Eracle, Teseo e Arianna), prima all’interno delle singole classi, poi in competizione fra classi. Un gioco richiede giusto un’ora di lezione (e ci sta anche un piccolo brindisi finale!). Dal prossimo anno scolastico le squadre vincitrici si offrono per proporre il gioco alle quarte ginnasio. Invitiamo tutti i docenti e gli studenti a contattarci per avere la lista degli argomenti su cui prepararsi.

Il fotoromanzo del “Miles gloriosus”

CopertinaDopo le recite in classe e i trailer delle commedie, quest’anno Plauto ha subito una nuova rivisitazione, il fotoromanzo. L’idea è nata a partire dalle competenze presenti, e in particolare dalle doti di fotografa di Sofia Munaretto, allieva di I A classico, unite alla competenza professionale della Mediateca di Cinemazero, nella persona di Giuliana Zigante. L’entusiasmo della classe e la guida della prof hanno fatto il resto.
Il lavoro è stato organizzato per fasi: innanzitutto, letta la commedia in italiano, la si è suddivisa in scene rappresentabili per immagini, quindi si è proceduto allo storyboard e infine ai testi. Si è deciso di lasciare per i fumetti il testo di Plauto (e questo ha comportato quindi una ricerca delle frasi essenziali nel testo originale) e di scrivere in italiano le didascalie per invogliare alla lettura e permettere anche a chi non sa il latino di seguire la storia. Abbiamo anche lavorato sui nomi dei personaggi cercando di rispettare lo spirito plautino nel rendere le assonanze evocative dei nomi parlanti. Preparata la base sulla carta, prima di procedere agli scatti si sono decisi costumi e ambientazioni. La realizzazione fotografica è stata naturalmente la parte più divertente e… caotica! A questo punto abbiamo imparato come funzionano i programmi di impaginazione e abbiamo affrontato la grafica (baloon, didascalie, stencil, colori). Giuliana ha impaginato il tutto e il nostro master, prof Durigon, ha confezionato la versione “sfogliabile” del sito.
Copertina2Ci siamo divertiti, abbiamo studiato Plauto e abbiamo lasciato qualcosa che speriamo possa attirare la curiosità e, magari, essere utilizzato per qualche traduzione in classe alternativa al libro di versioni.

Qui potete leggere il fotoromanzo del Miles Gloriosus.

Antonella Polesel