Seminario sull’argomentazione per la 1A e la 1E Classico

HeideggerIl seminario sulla teoria dell’argomentazione che ha coinvolto le classi 1A e 1E classico nella giornata di lunedì 13 gennaio aveva lo scopo di presentare agli studenti le strategie retoriche maggiormente utilizzate da ogni tipo di “oratore” per convincere gli interlocutori e controbattere alle obiezioni sollevate riguardo alla propria tesi.
L’introduzione alla tematica è stata lunga, ma necessaria: che cosa significa argomentare? In base a cosa si dice che un discorso è “ben costruito”, che è “efficace”? Come si risale al valore di verità di un’argomentazione? Alle domande appena presentate corrispondono, in effetti, altrettante questioni centrali, a loro volta sollevate dallo scontro (a tutti gli effetti, “millenario”) tra la retorica e la filosofia; tra due modi di pensare la verità in relazione alla parola. Occuparsi di argomentazione non significa forse violare il divieto platonico riguardante la ricerca della verità? Saper pronunciare discorsi efficaci, in altre parole, non costringe forse ad abbandonare la visione post-socratica di una verità attorno alla quale, come satelliti, gravitano enunciati più o meno vicini al centro, al nucleo infuocato che acceca colui che riesce ad evadere dalla caverna? Certamente sì. La partita si gioca, ancora una volta, tra due visioni differenti del linguaggio, due modi diversi di assumere la capacità dell’uomo di elaborare proposizioni sul mondo: da una parte, la prospettiva che definisce il parlare umano come un mezzo di comunicazione (e, in questo senso, uno strumento); dall’altra, l’idea – presente in potentia nelle tesi di Gorgia ma sviluppata compiutamente prima dai Veda, poi da Heidegger – di un linguaggio inteso come processo dinamico a cui è assegnato il ruolo di soggetto – ed a cui pure l’uomo è, in larga parte, subordinato.
Scegliere tra un’interpretazione e l’altra non è un passaggio obbligato per avvicinarsi alla teoria dell’argomentazione, e tuttavia si tratta di una dualità da tener presente.
La retorica, pur presentandosi in evidente contrapposizione con buona parte della tradizione filosofica occidentale, non disdegna di utilizzarne gli strumenti: quelli della logica formale, quelli della filosofia del linguaggio e della linguistica. È a partire dalla spiegazione di questi contratti “interdisciplinari”, e cioè dall’esame delle cosiddette “fallacie argomentative” che ho presentato la teoria dell’argomentazione e le sue tecniche.
Posta la presenza di regole formali e regole etiche, è evidente che la retorica – la quale traduce, sebbene in maniera discutibile, il logos – investe molti ambiti della nostra vita quotidiana: il territorio della parole – che si estende dalla politica alla letteratura, dalla pubblicità ai discorsi amichevoli -, lungi dall’aver confini ben marcati, si rigenera di volta in volta producendo contrade sempre nuove. Non è, in fin dei conti, il nostro unico modo per incidere sul mondo?

Alberto Sonego

Questo è il pdf delle lezioni: Seminario sull’argomentazione (Sonego).

Il linguaggio dell’arte – Lezione di Alberto Sonego (14 e 15 novembre 2013)

TurnerQual è il rapporto che si instaura tra l’arte ed il linguaggio? L’arte può essere definita “un” linguaggio? O più radicalmente: questi due concetti si confrontano davvero tra loro, intersecandosi e, forse, confondendosi l’uno con l’altro?
Per rispondere a queste domande, alla filosofia è richiesto uno sforzo teoretico non da poco: una perpetua tensione alla Verità, al compiersi del pensiero. Ciò che viene chiesto alla filosofia, in fin dei conti, è una teoria in grado di dare delle risposte a quegli interrogativi; oppure, molto più semplicemente, gli “strumenti” che si domandano ai filosofi sono definizioni: lo scioglimento delle difficoltà comportate da alcuni concetti mediante operazioni di analisi.
Soltanto accedendo a questi “strumenti” ci si avvicina alla seguente elaborazione di un impianto teorico in grado di fornire delle risposte, in grado di descrivere un racconto complesso quale è quello pronunciato dall’annodarsi dell’arte e della poesia attorno alla faculté du langage – mascherati da sistemi semiotici “innocui”. Ma solamente procedendo nell’analisi è possibile scoprire, quasi come resti archeologici, questi “strumenti” funzionali alla costruzione di una teoria dell’arte, e del suo rapporto col linguaggio. Richiamandoci alla parentesi epistemologica dei Fondamenti della teoria del linguaggio di Louis Hjelmslev, diventiamo consapevoli dell’esigenza del superamento dell’aporia che si presenta quando supponiamo il significato di alcuni termini che sono, invece, ambigui, oscuri.
Ecco il perché dell’incontro con Martin Heidegger; con i concetti di “ente” ed “Essere”, con il Sage, con il “linguaggio in quanto Linguaggio”. Ed ecco, allo stesso tempo, lo scontro con un autore che ci costringe a rivedere e riformulare la definizione dell’identità tra arte e linguaggio, e ci obbliga a riflettere sulla differenza tra produzione ed istituzione – in merito all’essenza dell’arte-, sulla presenza “attiva” di un soggetto creatore.
Non “tutto-Heidegger”, ma giusto i suggerimenti che provengono dalla sua opera, dal suo pensiero, ricavati e compresi alla luce delle metafore che Bhrartrhari riferisce alla Parola: ulteriori tasselli della teoria a cui stiamo cercando di avvicinarci. Arte come “Linguaggio” e non come “linguaggio”, che corrisponde all’uomo (o che, per meglio dire, lo “struttura”: arte come mythos e non più come logos.

Alberto Sonego

Qui le slide in pdf della lezione: Linguaggio_dell’arte.
Qui la bibliografia della lezione: Bibliografia Lezione Alberto Sonego.

Introduzione alla semiologia – Lezioni di Alberto Sonego al Leomajor

Sabato 18 maggio Alberto Sonego, un ex studente della nostra scuola, ha tenuto per le classi 3Bc, 1Cc, 1Dc alcune lezioni di semiologia.
Di seguito abbiamo pubblicato la sua testimonianza, la bibliografia e i materiali didattici utilizzati, nel caso qualcuno fosse interessato al suo brillante intervento.

Alberto SonegoLe lezioni di semiologia che ho tenuto stamattina al liceo Leopardi-Majorana erano volte a chiarire la persistenza, all’interno delle pratiche comunicative quotidiane, di quegli “oggetti” linguistici indagati dalla filosofia del linguaggio sulla scorta delle indicazioni fornite in merito da Saussure nel suo Corso di linguistica generale. Lingua e linguaggio, segno, significante e significato, processo di significazione, denotazione e connotazione: sono solo alcuni di quegli Elementi di semiologia funzionali non solo a chiarire la semiotica verbale, ma pure in grado di garantirci l’accesso a semiotiche più complesse: quelle dell’immagine, della pubblicità, del discorso politico. Elementi che, una volta chiarito il processo di connotazione dei segni, appaiono effettivamente decisivi per la costruzione dell’ideologia, e la cui conoscenza ci consente non tanto di sfuggire al fascismo della lingua, ma quantomeno di smascherarlo, svelando la deformazione che opera.
Dopo un’iniziale chiarimento attorno alla nascita della semiologia in quanto disciplina affiliata alla linguistica si è proceduto a distinguere il linguaggio dalla lingua (una facoltà dalla sua espressione). Da qui, ci si è addentrati all’interno del territorio della linguistica saussuriana, ricavando le definizioni di quei concetti (segno, denotazione, connotazione, etc.) che diventano gli strumenti analitici di cui la semiologia si serve per indagare le singole semiotiche. Prendendo le mosse dalla definizione che Umberto Eco da di “ideologia” all’interno de La struttura assente, sono state analizzate alcune fotografie provenienti da una rivista statunitense, da un manifesto di propaganda nazi-fascista e da un manifesto pubblicitario di un’azienda veneta. Successivamente, si è passati ad applicare le lettura semiologica all’opera d’arte: Dalì e Lorenzetti.
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