Cosa leggono i prof: Giulia Bozzola

Il Signore degli OrfaniHo appena terminato di leggere “Il Signore degli Orfani” di Adam Johnson, e comincerò a parlarne citandone un brano:

Infilare la mano in uno scarpone alla ricerca di vecchie dita appiccicose è come piazzare una trappola in un tunnel di una zona smilitarizzata o estirpare uno sconosciuto da una spiaggia in Giappone: fai un bel respiro e vai. Jun Do chiuse gli occhi, inspirò a fondo, infilò le mani dentro gli scarponi umidicci e li ispezionò con le dita, tastandoli tutti. Alla fine piegò i polsi per arrivare fino alle punte e tirò via quello che doveva tirare via. L’operazione gli lasciò il viso incupito. Si voltò verso gli infermieri, verso la guardia, verso il detenuto quasi morto ormai condannato.

“Io ero un cittadino modello” disse a tutti. “Io ero un Eroe della Nazione”, aggiunse, poi uscì dalla porta calzando i suoi nuovi scarponi, uscì in un luogo in cui nulla aveva importanza. Da questo punto in avanti, null’altro si sa a proposito del cittadino che risponde al nome di Pak Jun Do.

Ecco, Il Signore degli Orfani è uno di quei libri che non ti lascia respirare, perché l’orrore che descrive, la spersonalizzazione dei protagonisti che assumono identità diverse con una facilità disarmante (perché questo in Corea del Nord, dove il romanzo è ambientato, è non solo possibile, ma desiderabile da parte del regime, e passivamente accettato da chi la subisce), il continuo spostamento di luoghi e persone che paiono non pensare, ma agire per un senso di legittima difesa, senza sentimenti, senza storia, senza passioni, ci riporta ad altri romanzi dove la descrizione di regimi dittatoriali mostruosi era sì realistica, ma quantomeno fungeva da monito, non era perfettamente reale.
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