Piove e c’è traffico, sono in ritardo.
La scuola è davvero iniziata.
La scorsa settimana c’era il sole, faceva caldo e mi dilaniavo nella splendida esitazione di rivolgere o meno la parola ad Alessandro Baricco o ad Edoardo Nesi.
Forse era meglio se evitavo con il primo…
La scorsa settimana c’era Pordenonelegge.
La nostra scuola era nelle strade, nelle sale, nelle librerie, nei bar.
Non sempre ognuno di noi è riuscito a portare a termine il programma che si era prefissato.
Non sempre il programma prefissato era all’altezza dei piacevoli “imprevisti”.
Per qualche anno mi sono chiesta perché gli organizzatori hanno scelto proprio questi giorni, in cui siamo di nuovo legati ad un orario.
La “migliore tra le risposte possibili” me la sono data quest’anno mentre ascoltavo Massimo Recalcati raccontarci di un suo paziente, o meglio “analizzante”, ventenne, incapace di “desiderare”, che necessita dello studio dell’analista come luogo dove ricaricare la sua quota di “libido”.
Bisogna prendere atto che la società caratterizzata sempre di più dal “complesso di Telemaco” e sempre meno da quello di Edipo, necessita di psicanalisti-benzinai che “salvano” elargendo capacità di desiderare.
In qualche modo credo che Pordenonelegge sia per me, per il nostro lavoro, per questa città uno splendido “benzinaio”, decisamente più economico dell’analisi, con la quale condivide delle rivoluzionarie anomalie.
Il luogo e il tempo in cui entriamo lamentandoci ed usciamo desiderando davvero ricominciare.
Un luogo e un tempo anomali in cui generazioni diverse, tenute sempre più distanti dalle nuove tecnologie, si incontrano in coda e magari si scontrano nel dirimere i principali problemi etici che attanagliano ogni edizione:
-è segno di generosità tenere il posto per qualcuno o l’ennesima dimostrazione del modus vivendi all’italiana pretendere che la propria amica vi raggiunga dopo essere andata a parcheggiare?
- posso andare al bagno o a prendere dell’acqua dopo che ho ricevuto il numero?
-perché chi è in fondo alla coda poi si siede in prima fila nei posti che erano riservati?
Un luogo e un tempo in cui siamo costretti a re-imparare l’arte del dialogo e del desiderio di conoscenza che poi siamo chiamati ad insegnare.
Un luogo e un tempo in cui si parla e si ascoltano persone che non sempre appartengono al proprio quotidiano, ma con le quali è possibile “fare anima”.
Cristina Di Fusco