Pubblico questo interessante articolo di Paola Mastrocola, uscito qualche giorno fa. Ringrazio per la segnalazione il prof. Durigon.
Sei uno studente W, C o K? Ecco la scuola come io la sogno
Mi piacerebbe ci fossero tre scuole. Pulite, chiare. Mi piacerebbe che i giovani potessero scegliere fra tre direzioni ben distinte. Non sono capace di fare una proposta operativa concreta e reale. Ma posso provare a dire quello che ho in mente, in modo estremamente semplice. Una scuola per il lavoro. Una scuola per la comunicazione. Una scuola per lo studio. Ecco le mie tre scuole. Troppo semplice? Forse. (…) Lo possiamo però ridire in inglese, tanto per essere più internazionali e moderni: – work-school (w-scuola): la scuola del lavoro pratico, manuale, artigianale o tecnico-operativo; per chi vuole subito imparare un mestiere; – communication-school (c-scuola): la scuola della comunicazione, della Rete, delle relazioni, dei linguaggi multimediali; per chi vuole studiare cose subito utili, e in uno stile visivo-esperienziale; – knowledge-school (k-scuola): la scuola dello studio astratto, della speculazione teoretica; per chi vuole studiare in modo ricostruttivo- simbolico. W, c, k: tre lettere per tre scuole. Vu doppia, ci, cappa. Così ognuno potrà scegliere la sua scuola, a seconda del suo «schema ideale» o «progetto di vita», come dice Todorov. A seconda di che cosaognuno pensa di essere e di volere. Naturalmente, in vista di quella che abbiamo detto pienezza, ovvero felicità, di vita. Adesso vi presento più nel dettaglio le mie tre scuole. W-SCUOLA È la scuola per chi vuole fare, nella vita, un lavoro manuale, pratico, tecnico. Diventare artigiano, per esempio, o tecnico: geometra, informatico, meccanico. Fare, costruire, riparare. Fare con i materiali concreti: il ferro, il legno, il vetro, le vernici, la calce; oppure fare in senso più teorico: progettare, programmare, revisionare. In queste Nuove scuole tecnico- professionali, ovvero delle arti e dei mestieri, mi piacerebbe che non si insegnassero però solo le materie tecniche, quelle strettamente utili a creare le future «competenze» professionali. Mi piacerebbe s’insegnassero anche le materie inutili, quelle non misurabili e non certificabili. In queste scuole si dovrebbe insegnare (così come in tutte le altre scuole, peraltro…) ad amare la lettura, e l’ascolto della musica, e la contemplazione di opere d’arte. Non dico la storia letteraria, o le varie interpretazioni del Barocco o l’elenco delle opere del Caravaggio in ordine cronologico. No, io parlo di un’educazione estetica. Sto pensando alla persona, prima ancora che alla sua professione, sto pensando alla sua vita in generale, alla sua giornata, a quando torna a casa e si rilassa. Mi piacerebbe che potesse rilassarsi anche ascoltando Mozart. Mi piacerebbe che i ragazzi ascoltassero Mozart tutti, indipendentemente dal lavoro che hanno scelto di fare, e quindi dalla scuola che hanno scelto di frequentare: sia che uno farà l’avvocato, sia che farà il potatore degli alberi dei viali, il professore di filosofia o il panettiere. Il bagnino, il pilota di aerei o l’ingegnere o l’amministratore delegato o l’allevatore di cani da pastore, o il pastore. Non importa. Quel che importa è che sappia ascoltare Mozart, leggere le poesie della Szymborska e i romanzi di Murakami. Che lo sappia scegliere, che lo possa quindi fare se ne avrà voglia, la sera quando torna a casa. L’importante è che ne sia stato reso capace. Solo così avrà una vera, reale alternativa a tutto il resto: tivù , videogiochi, social network. Vorrei solo che ci possano essere, nella sua vita, anche i libri, le poesie, i concerti. Una verosimile possibilità. Tutto qui. Se no, se non diamo alternative, la nostra è una finta: stiamo ingannando i ragazzi. È come se a noi chiedessero, di un film inglese, se preferiamo vederlo in lingua originale o tradotto in italiano, quando nessuno ci ha mai insegnato l’inglese… Che razza di finta domanda sarebbe? Certo che oggi i ragazzi preferiscono Internet alla poesia: ma è solo perché noi non gliel’abbiamo mai fatta leggere, non abbiamo loro insegnato il codice della poesia. (…) K-SCUOLA Questa è la scuola agli antipodi della precedente. Insieme, w-scuola e k-scuola rappresentano gli estremi. La k-scuola è la scuola «delle conoscenze ». Se vogliamo, delle «nozioni » rivalutate, non osteggiate, ri-accettate, modernamente, utilmente, globalmente… È la scuola dello studio astratto. Sui libri, e con le parole, innanzitutto: è la scuola del logos. Studio concentrato e anche, se necessario, assolutamente solitario e quindi scollegato. È la scuola dove valgono prima di tutto i contenuti: che cosa leggere, che cosa studiare, che cosa sapere. Qui non si ha paura dell’inutile: si studiano perlopiù materie sganciate dalla realtà, dall’attualità, dal presente immediato. Non si ha paura del passato né dell’inattuale, perché si sa che ci sono cose basilari senza tempo, e inattuali per definizione perché sempre attuali. E non si ha paura dell’inutile, perché si sa che le conoscenze che sembrano inutili «serviranno» eccome, magari dopo, in un tempo successivo, e sapranno loro come trasformarsi per diventare utili. Si fa insomma, in questa k-scuola, impavidamente filosofia, letteratura, latino, greco, matematica, fisica: astrazione pura. Si può usare o no il computer, ovviamente. E anche Internet, l’iPod, l’iPad, l’iPhone: non importano gli strumenti, perché si è ben consapevoli che solo di strumenti si tratta. C-SCUOLA È la scuola della comunicazione. In questo senso, è la scuola Nuova che stiamo attivando. In parte c’è già, ma è chiaro che sempre più ci sarà. È la scuola che vogliamo oggi, e che abbiamo deciso per il nostro Futuro. È la scuola che crede moltissimo nel Futuro, e pensa che ogni futuro sia sempre, per definizione, progresso. È la scuola voluta, da almeno quindici anni, dall’Europa e dalla squadra di burocrati-tecnocrati del Ministero, indipendentemente dal ministro in carica e da qualsivoglia appartenenza politica. Nella c-scuola prevale il metodo sui contenuti, e i progetti sui programmi. Agli insegnanti «si insegna a insegnare», e agli studenti si insegna a «imparare a imparare», prima di tutto. Gli obiettivi principali della c-scuola sono: la socializzazione, il lavoro di gruppo, la cooperazione, la cittadinanza, la Costituzione, la flessibilità, il multitasking e il problem solving, prima che il sapere e in particolar modo il sapere astratto e, ancora più nel dettaglio, il sapere umanistico, inutile per eccellenza. Secondo gli ultimi diktat europeistico- tecnocratici, sara` un unico, multivariato «liceo dell’obbligo », impostato sul modello europeo a sua volta desunto dal modello americano. Sarà il regno di: Internet, tecnologie, linguaggi multimediali, metodo, saperi pratici, approccio esperienziale, connessioni, videogioco, gioco, interazione, lavoro di gruppo, socializzazione, territorio, progetti, attività extracurricolari, educazioni varie (stradale, alimentare, alla cittadinanza), abilità, competenze, centralità dello studente, valutazione, misurazione, certificazione. Tanto per intenderci, no Torquato Tasso, of course… L’evoluzione ulteriore, mi dicono, sarà una scuola sempre più fondata sulle opzioni individuali, in cui lo studente entra, gira, prova, esperisce, scegliendo di volta in volta che corso o stage o modulo seguire, creandosi un suo personalissimo percorso, dopo il quale verra` valutato e certificato in base ai crediti e ai livelli di apprendimento. Può darsi che sia una buona scuola per il futuro, ed è possibile che debba rimanere l’opzione fondamentale: la vera, grande scuola superiore di massa. Non voglio esprimere nessun giudizio. Riconosco che di questa scuola, forse, può esserci bisogno… Vorrei solo che non diventasse l’unica scuola! O peggio che mai, che venisse considerata la migliore delle scuole possibili!
17 febbraio 2011
Non lo so… è difficile la scelta tra C e K…
Concordo con Joshua!
Decisamente la K, anche se con qualche remore, dovuto alla sempiterna presenza di materie quali fisica e matematica. Per il resto, decisamente no la W, e un po’ meno decisamente la C, perché non si possono non cantare l’armi pietose e il capitano / che il gran sepolcro liberò di Cristo…
non riesco mai ad appassionarmi alle tesi di questa collega famosa, che mi sembra rimasta ad una scuola di un ventennio fa, come minimo.
Primo: questa suddivisione in tre scuole, che lei fa sembrare tanto democratica, dovrebbe avvenire, per i ragazzi, a 14 anni (!!), quando sicuramente tutti hanno gia’ chiaro in testa che l’idraulica, piuttosto che la meccanica sara’ la loro passione di vita, quando la loro maturita’ e le loro esperienze hanno gia’ dimostrato che non sono adatti alla knowledge (sempre che sappiano cosa sia) ma al work, quando hanno gia’ la forza e la sicurezza di superare le pressioni sociali e familiari, magari economiche per poter dire: no, voglio fare il medico, non l’imbianchino!
Secondo: perche’ il liceizzare l’istruzione dovrebbe essere un male? davvero si ritiene che l’ingresso nel mondo del lavoro vada anticipato, e che un ragazzo se non comincia ad imparare a tornire a 14 anni non riuscirara’ piu’ a farlo, magari dopo una maturita’ scientifica? forse disturba pensare che il proprio idraulico abbia sentito parlare di Kant, abbia risolto un inutilissimo (per lui) studio di funzione e abbia imparato ad apprezzare un dipinto?
Terzo: anche ai k students non farebbe certo male imparare a mettere le mani su qualcosa di pratico perche’ magari si accorgerebbero a vent’anni che al diritto romano preferiscono la meccanica delle sospensioni, o che una versione di latino da’ loro meno soddisfazione di costruire un programma in java…
chi lo sa, magari dietro un mediocre falegname si nascondeva un grande latinista, o dietro un mediocre avvocato un caldista di successo!
quindi, si sara’ capito, se tornassi indietro sarei uno studente c, anche se di comunicazione mi interesso poco…. se mi permettessero di costruirmi un percorso seguendo i miei interessi, provando magari un po’ di officina, e dimostrandomi che l’ingegneria non fa per me, ma che effettivamente la matematica pura puo’ essere il mio futuro, beh, la scuola avrebbe fatto proprio un buon lavoro con me!
avrei altro da dire, ma lascio lo spazio ai mastrocolai…
il sapere, indipendentemente dalle attuali o future necessità lavorative, è soprattutto una rete interdisciplinare ed è assurdo anche solo pensare che la conoscenza possa venire così meramente sezionata con un unico sguardo rivolto al futuro lavorativo.
Sono daccordo con il professor Cozzarini. Separare necessariamente l’ambito teorico da quello pratico, le materie umanistiche da quelle tecniche, mi sembra un’operazione obsoleta e francamente inutile. L’evoluzione dell’uomo e la storia stessa ci insegnano che un’alto tasso di specializzazione spesso coincide con il fallimento. Gli australopitechi adattati ad un clima desertico morirono con l’arrivo dell’era glaciale mentre altre sottospecie non adattate ad un clima particolare sopravvissero. Perciò perchè prendere una strada che precluda necessariamente le altre? Personalmente sceglierei la W per quanto riguarda la progettazione e la programmazione, ma mi spiacerebbe molto non venire mai a contatto con materie più teoriche come la filosofia e la letteratura, che pure mi piacciono. Preferisco quindi una scuola che integri al suo interno i vari aspetti dell’educazione, senza sacrificarne nessuno (in questo senso la scelta del liceo scientifico è stata, con il senno di poi, un’ottima scelta).