PordenoneLEGGE, e per fortuna! – Martina Majello

image_largeMi chiamo Martina, faccio la quinta ginnasio e questa settimana la mia classe ed io siamo andati ad alcuni eventi…no, scusate ma questo non era il modo con cui volevo aprire questa recensione. In pratica in questi giorni la 5E ha partecipato ad alcuni incontri con diversi lettori, professori e altri importanti personaggi italiani legati al mondo della scrittura. Non per niente la manifestazione che si occupa di organizzarli si chiama Pordenonelegge. I tre giorni che abbiamo passato più tra i vialetti di Pordenone piuttosto che tra i banchi di scuola sono stati veramente creativi e allo stesso tempo impegnativi. Gli incontri che sono stati scelti per noi trattavano degli argomenti completamente diversi, spaziavano infatti dall’inquietudine alla satira. Per non scombussolare le cose credo che dovrei cominciare dal principio, ovvero dovrei raccontarvi di ogni singolo evento, ma non temete, non mi prolungherò così tanto, spero.
Per prima cosa abbiamo partecipato alla presentazione del volume contenente i racconti del concorso “Racconti in classe”. Si tratta di un concorso svolto a livello scolastico dove noi ragazzi abbiamo tre ore di tempo per scrivere un racconto di cui ci viene fornito l’explicit o l’incipit oppure una frase o dei versi da utilizzare come fonte di ispirazione. Chiunque abbia frequentato la terza media o la seconda superiore negli ultimi anni e, soprattutto, nei paraggi dovrebbe sapere di cosa si tratta. L’anno scorso, come hanno spiegato gli studenti stessi che presentavano l’evento, ciò che è stato fornito ai ragazzi era una strofa di una poesia di Pierluigi Cappello,  “Parole povere”. Personalmente ritengo che  non fosse così facile inserire la frase in un racconto. Quest’anno che cosa si inventeranno? Lo scoprirò io stessa, perché anche la mia classe parteciperà.
Ho trovato che questo primo evento sia stato un buon modo per introdurre Pordenonelegge, perché, alla fine, questa rassegna è dedicata anche a noi. E mi è pure piaciuto il modo in cui è stato presentato il concorso: l’hanno spiegato i ragazzi, gli stessi che dovranno partecipare. Dimenticavo, nemmeno le cifre vanno sottovalutate: i partecipanti a “Racconti in classe” sono circa un migliaio e anche la posta in gioco è piuttosto alta, come ribadito da uno dei giudici di tale concorso, Alberto Garlini.
Nelle stesse 24 ore abbiamo partecipato anche alla cerimonia di premiazione del premio letterario Dedalus. Lo scopo di questo premio è di valorizzare la qualità letteraria degli scrittori, creando una classifica che glissi i bestseller per segnalare opere che si distinguono sia per la qualità formale, sia per l’attenzione ai temi della contemporaneità. Non posso averlo spiegato male, perché questo concetto è stato ben ribadito dai presentatori.
I tre vincitori mi sono sembrati particolarmente eccentrici, come se avessero un mondo tutto loro che si sono costruiti con le proprie mani. Ecco, questo aspetto mi è piaciuto particolarmente e l’ ho ritenuto il più affascinante. Valerio Magrelli, che ha vinto il premio per “narrativa-altre scritture” con il suo libro “Geologia di un padre”, ha raccontato in particolare ciò che l’ha indotto a scrivere. Infatti è stato proprio il rapporto con suo padre ad averlo spinto in questa impresa. Non si è però trattenuto dal dire che il vero titolo era in realtà un altro (L’uomo di Pofi), che poi, privo di consensi probabilmente perché troppo eccentrico, si è trasformato in prefazione.
Cristina Alziati invece ha vinto il premio Dedalus per la categoria poesia. Figura non meno di spicco e dotata di un’incredibile sensibilità, ha spiegato che il suo libro di poesie è una sorta di rinascita, un’evasione da un brutto periodo del suo passato. Devo dire che le sue poesie non mi sono sembrate per niente scontate, ma piuttosto delle parole scritte da una mente visibilmente brillante e anche fragile. Ultimo ma non di meno importanza, anche Daniele Giglioli, vincitore del premio per la categoria saggi, che ha presentato “senza trauma”. Tra le tre descrizioni fatte dai vincitori quella di Giglioli è quella purtroppo più difficile. Credo comunque che questo incontro sia stato interessante perché diverso dal solito, basti dire che il premio concreto era un euro a ciascuno dei vincitori.
E ora è arrivato il momento di scrivere dell’incontro che ho ritenuto il più interessante in assoluto: la presentazione del progetto “Alétheia”, una sorta di scuola (incontri e seminari) di satira, ovviamente antica, visto anche il nome greco che la intitola. Ciò che la rende veramente originale è soprattutto la possibilità che viene data al pubblico di osservare i progressi fatti dagli studiosi attraverso varie performance che si terranno nel piccolo teatro di San Vito al Tagliamento. Ma perché scegliere una città così piccola e non concentrare tutto a Venezia, dato che è proprio Ca’Foscari a promuovere l’iniziativa? Ebbene, come spiegato dal professore universitario nonché ideatore della scuola di satira Alberto Camerotto, San Vito rappresenta un po’ la satira: uno sguardo del mondo da un luogo “altro”. Lo studioso infatti ha ribadito che, se si vuole criticare giustamente qualcosa, è necessario farlo dall’alto mettendosi nei panni di un estraneo. Ma non ho ancora spiegato chiaramente in cosa consiste questo progetto: durante varie giornate un gruppo di studiosi più o meno giovani si cimenterà in una lunga serie di discussioni sulla satira e non solo. Ci saranno anche degli spettacoli e il tutto ha come scopo quello di mettere in gioco soprattutto i più giovani. Durante la presentazione Alberto Camerotto non ha fatto un monologo ma ha dato spazio anche a due giovani laureate (Martina Tosello e Sara Tessarin) che hanno spiegato cosa vuol dire leggere, studiare e interpretare brani di satira antica che trattavano due argomenti diversi ma pur sempre legati agli dei. Ho trovato che, nonostante riguardassero argomenti trattati diversi secoli fa, fossero molto simili a quelli attuali, eccezion fatta per l’eleganza del linguaggio, che a volte nel 2013 manca. Ad ogni modo ho trovato questo evento il migliore a cui abbiamo partecipato, in particolar modo per la conclusione che ci ha lasciato in qualche modo in sospeso:“non possiamo conquistare la verità, ma proprio questa è la ricerca.”
Quello con Paola Mastrocola, che aveva come argomento l’inquietudine, è stato l’ultimo evento a cui abbiamo preso parte e si può dire che abbiamo chiuso “con il botto”. Per la prima volta abbiamo assistito a qualcosa che parlava di noi e del nostro stato d’animo. Infatti la scrittrice, nonostante dovesse presentare il suo nuovo libro, oltre a parlare di se stessa ha parlato soprattutto a noi e di noi. Ha descritto le varie personalità tra cui l’ansioso, il lunatico (come la sottoscritta) e, più in particolare, ha parlato del quieto e dell’inquieto. Ci sono infatti vari tipi di inquietudine: o sei ipercinetico o sei innamorato o sei preoccupato per la scuola. Secondo la Mastrocola, l’inquietudine è uno stato di scoperta. La nostra missione infatti è proprio scoprire chi siamo. “E vi auguro di non smettere mai di essere inquieti”, così ha terminato la scrittrice, facendoci capire che essere irrequieti non è una cosa del tutto negativa, ma che fa parte della nostra specie e lo farà sempre. Sicuramente è un incontro che fa pensare a noi più degli altri.
Pordenonelegge si ripete ogni anno ma è costantemente diverso, come lo siamo noi. Secondo me questa gigantesca manifestazione rappresenta il mondo di tutti: dei ragazzi, dei bambini, degli scrittori di qualsiasi età. Ci offre uno spunto per ulteriori considerazioni su temi attuali oltre che su noi stessi. E fortunatamente questo bagaglio di riflessioni, spunti, sentimenti e dibattiti si trova a un passo, per così dire, dalla mia porta di casa.

                                                                                                   Martina Majello

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