Dal 18 al 22 si è tenuto Pordenone legge, giornate in cui il protagonista assoluto è il libro. In centro si sono svolti vari incontri e anche il Leomajor ha dato il suo contributo a questa manifestazione.
Durante la prima mattinata infatti si è tenuto “Racconti in classe”: i due vincitori, Alessandro Cortez e Marta Zerio che l’anno scorso erano rispettivamente di terza media e quinta ginnasio, hanno scritto due racconti diversi nonostante avessero lo stesso input. Il primo infatti ha narrato di un alieno, mentre la seconda ha usato la bicicletta in modo metaforico paragonandola alla vita.
La consegna del premio Dedalus, che si è svolto in seguito a questo incontro, si basa su opere giudicate significative che spesso in Italia non sono riconosciute come dovuto, ne fa una selezione e premia i migliori. Ad esempio è stato il primo a riconoscere il libro Gomorra di Saviano. Il fine di questo progetto è quello di difendere i libri che dureranno nel tempo e non i “primi in classifica” che spesso sono successi momentanei. Protagonisti di questa edizione sono stati: Valerio Magrelli, il cui romanzo parla del rapporto difficile tra padre e figlio che non è mai così semplice e lineare; Cristina Alziati, che ha scritto molte poesie nate da un’esperienza personale molto dolorosa e il cui libro pone molte domande forti; Daniele Giglioli, che si è interrogato sul perché una generazione, che non ha subito traumi come quello di una guerra, ne va alla ricerca per avere qualcosa di interessante da raccontare.
Durante la seconda giornata invece c’è stato un incontro riguardante il progetto Aletheia: un gruppo di giovani studenti o laureati terranno dei laboratori sulla satira antica a teatro. Nasce dalla volontà di mettere in gioco le abilità dei giovani e il loro modo di lavorare in gruppo. Tutto si svolgerà intorno ad un argomento centrale, ovvero la satira, che, per il professor Albero Camerotto, è lo spirito critico, la capacità di mettere in dubbio sé stessi e tutto quello che ci circonda.
Paola Mastrocola invece ha parlato dell’inquietudine. Secondo la sua opinione questa spesso non si vede ma è mascherata dal suo contrario ovvero la quietudine. Esistono vari tipi di inquieti: colui che pensa al futuro e non vive bene oggi; colui che è innamorato e mette in dubbio in continuazione il suo amore; chi è ipercinetico; chi invece soffre di inquietudine geografica perché è qui ma vorrebbe essere da un’ altra parte e non si accontenta mai e molti altri. Un altro discorso che ha occupato buona parte del tempo dell’incontro riguarda il nome. Questo infatti ci rappresenta: uno dei modi per cambiare vita è proprio cambiare nome. Ha raccontato anche della sua esperienza: finché si chiamava con quello di battesimo ha trovato solo tanti muri impossibili da abbattere, una volta assunto un nome d’arte invece, questi muri hanno iniziato a cadere uno dopo l’altro e la sua vita ha preso una strada diversa.
Durante le varie conferenze ci sono stati alcuni discorsi o semplicemente delle frasi che mi hanno colpito. La studentessa Marta Zerio, ad esempio, nel suo racconto ha scritto che “ se qualcuno non mostra la sua tristezza non vuol dire che dentro non sia triste”. Cristina Alziati ha invece detto che non è importante ciò che è stato fatto all’uomo, ma ciò che l’uomo fa a sé stesso” e ha fatto un discorso molto interessante sulla parola che manca quando si subisce un trauma poiché quando ciò accade, uno si tiene tutto dentro e non riesce a esprimere quello che prova.
“La verità è ricerca, se pensiamo di possedere la verità cadiamo nel fanatismo” e “ la satira è controcorrente, dovete mettere tutto in discussione”: queste sono alcune delle frasi più interessanti pronunciate da Alberto Camerotto durante il suo intervento.
Quello che mi ha colpito di più però è stato l’incontro sui sentimenti o, più precisamente, sull’inquietudine. La Mastrocola ha paragonato i giovani a Ulisse, il quale vuole sempre partire alla ricerca di qualcosa di migliore. Oggi succede soprattutto perché è stato imposto alle nuove generazioni che qui fa tutto schifo e per avere quello che si vuole bisogna andare da altre parti ma, ha sottolineato lei, non è detto che il mondo fuori sia migliore e soprattutto che le valigie ci stiano bene addosso. Ha augurato a tutti i giovani presenti di avere sempre una meta in testa ma di non raggiungerla mai, di non scoprire chi si è ma che cosa si vuole fare per essere felici e come si vuole vivere. Nel mondo di oggi ci sono delle “pre-confezioni” molto in voga che la società impone per essere qualcuno, ma non bisogna accettarle così come sono, senza domandarsi se veramente si vuole stare dentro quel ruolo. È difficile accorgersi che non si è nella vita giusta, in particolar modo se questa è comoda, e bisogna avere il coraggio di dire no alla convenzioni se non si vuole che la nostra vita diventi un’estranea. Paola Mastrocola ha concluso l’incontro con una frase che mi è rimasta molto impressa “il caos puoi averlo dentro o fuori, ma sempre caos è.”
Irene Dal Bò