Settembre è arrivato con un sacco pieno di sgradevoli sorprese: un po’ me l’aspettavo, a dire il vero, capivo che l’alimentari all’angolo di casa mia stava traversando un periodo difficile, il proprietario scuoteva continuamente la testa, i clienti latitavano, la merce in vetrina era sempre più triste e rarefatta. Ma ora che la saracinesca è calata per sempre, mi sembra che alla strada manchi qualcosa, è come una bocca dove è saltato un incisivo. Ed era già saltato un canino a maggio, e un molare ad aprile, altri due negozietti definitivamente estirpati.
Il sorriso della strada è pregiudicato per sempre, la sera non ci sono più luci, è solo un lungo muraglione scuro che s’allunga verso la malinconia. “La gente oggi va al centro commerciale”, mi dice la libraia, che se la vede bruttissima. “Lì i prezzi sono più bassi, c’è più scelta, si può passare tutta la giornata guardando le vetrine, mangiando pizza al taglio o hamburger, provando le novità tecnologiche. Lì c’è più vita, i ragazzi si danno appuntamento davanti a McDonald e non passeggiano più per le strade del quartiere.” E’ proprio così, è la legge del mercato, baby, pesce grande mangia pesce piccolo, prezzo basso spazza prezzo alto, non c’è alcuna speranza per il vecchio commerciante di quartiere.
Anche noi stiamo diventando americani: il sabato si va a fare la grande spesa al supermercato del centro commerciale, si parcheggia la macchina nel labirinto sotterraneo e si sale a riempire il carrello. Parlare con qualcuno non è possibile, chiedere consigli è sconsigliato, bisogna solo marciare per i corridoi e scegliere i prodotti in offerta. Giusto alla cassa si può interloquire con qualche essere umano, litigarci un poco se vuole piazzare le sue ruote davanti alle nostre. E comunque c’è anche una spalletta di libri, mica no: tutte le novità, tutti i best seller, tutte le sfumature di grigio e di nero, Ken Follet e Camilleri, Faletti e Stephen King, e costano parecchio di meno, qui si risparmia, e in questi tempi infami anche un euro in meno conta tanto. Il centro commerciale pulsa di vita, di luci, di denaro che scorre, di solitudini, di indifferenza.
E il mio quartiere si spegne, la crisi soffia sulle candele dei negozietti e arriva il buio, la paura, la desolazione, il degrado. Era bello incontrare persone sconosciute in libreria, quei tipi strani capaci di consigliarti un libro di cui sapevi niente, avevano l’arte di interessarti, e poi si parlava di altro, di tutto e di niente, si creavano dei rapporti di cinque minuti o di anni. “Arrivo fino a Natale, poi mi sa che dovrò chiudere – mi dice la libraia -, d‘altronde i giovani in libreria non entrano più e i vecchi clienti muoiono oppure vanno al centro commerciale, dove c’è l’aria condizionata e i libri costano meno. Certo, così scompariranno le piccole case editrici e la letteratura non sfacciatamente commerciale, i poeti, i saggisti, gli scrittori più originali, ci sarà solo una potentissima fabbrica che produce e vende fiction. Arrivo fino a Natale e chiudo, l’affitto è troppo alto. Ma forse il locale non resta vuoto, forse al mio posto verrà un’agenzia per le scommesse sportive, qui si potrà puntare su tutto, partite di serie A e B di ogni parte del mondo, basket, tennis, pugilato, e forse anche sul risultato finale della propria vita”.
Marco Lodoli, da notizie.tiscali.it, 10 settembre 2012