Lucretianus dies per gli studenti del biennio (Emilia Cavallini, Silvia Giuseppin, Kleris Nako, Veronika Neugebauer, Paola Tosetti)

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Al giorno d’oggi siamo tutti circondati da un mondo fatto di stimoli e attenzioni provenienti dall’esterno che molto spesso ci creano confusione nella relazione col nostro quotidiano. È stato questo il concetto di partenza del primo intervento tenutosi nell’aula multimediale, il 29 marzo 2014, in occasione del Lucretianus dies, dedicato a Lucrezio e i sensi. La professoressa Di Fusco, dopo averci proposto la visione di un breve video tratto da Geordie Shore, programma televisivo americano, esempio degli interessi della nostra generazione, ha messo a confronto ciò che poteva vedere un greco dell’età di Pericle e quello che vediamo noi. I nostri sensi, più e diversamente da un nostro coetaneo dell’antichità, sono continuamente stimolati. La funzione dei sensi è quella di percepire, infatti essi sono l’unico tramite che ci permette di avere un contatto con l’esterno. Dopo aver analizzato i sensi e, più in particolare, la vista, la relatrice ci ha parlato della sapienza secondo Aristotele. La sapienza, infatti, ha origine dalla meraviglia e dallo stupore, sentimenti che nascono nell’individuo che si trova di fronte a cose che lo spiazzano, nel bene o nel male e che provocano o desiderio di approfondire o spavento. Invece, secondo Platone, la conoscenza si articola in tre gradi, cioè la sensibilità, l’immaginazione e l’intelletto. Allargando la prospettiva in un campo di cui tratteremo l’anno prossimo, la professoressa Di Fusco ci ha raccontato che la filosofia è poco “produttiva” e che ha in palio la felicità. Ci ha detto inoltre che essa si occupa di conoscenza, senso del dovere, logica, psicologia, etica e politica. Le sue parole ci hanno incuriositi e lasciati col desiderio di accostarci quanto prima a questa nuova disciplina.
Il secondo incontro del giorno ha trattato, in particolare, di Lucrezio e dell’epicureismo. Il professor Riva, infatti, ha parlato di Lucrezio e del De rerum natura, della sua concezione della materia come insieme di atomi e della sua visione della religione (religio come superstitio). La novità dello stile e della scelta dell’esametro per un’opera filosofica, oltre alla fatica in cui Lucrezio si è cimentato di trovare, o meglio inventare, nuove parole oppure perifrasi per sostituire termini filosofici ancora sconosciuti alla lingua latina, fanno dell’intero testo un unicum. Il De rerum natura è diviso in sei libri, ciascuno con un proemio. Il professore si è dilettato ad analizzare i primi quattro. Il proemio del primo libro è dedicato a Venere, intesa come forza vivificatrice. Quello del secondo libro è l’elogio alla filosofia epicurea, secondo la quale bisogna raggiungere la capacità di essere imperturbabili di fronte alle difficoltà della vita. Il proemio del terzo libro è un elogio a Epicuro, il grande maestro che Lucrezio vuole emulare, ma non superare. Il quarto è l’elogio alla sua scienza letteraria. Infatti, nel quarto libro, parla più in dettaglio dell’atomismo. Bisogna sottolineare la posizione dell’autore rispetto alla religio: gli dei esistono ma non si interessano delle cose umane. Quindi, se gli dei esistono realmente ma non si interessano di noi mortali, perché ci ostiniamo tanto a pregarli per fatti che forse nemmeno loro possono o vogliono controllare?

Emilia Cavallini, Silvia Giuseppin, Kleris Nako, Veronika Neugebauer, Paola Tosetti  (VBg)

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