LE 5 SCINTILLE CHE HANNO ACCESO IL MAGHREB

Articolo di Thomas L. Friedman pubblicato ne La Repubblica.

Gli storici del futuro si arrovelleranno per cercare di capire come sia stato possibile che un venditore ambulante tunisino, Mohamed Bouazizi, immolandosi per protesta contro la confisca del suo banco di frutta, sia riuscito a scatenare sollevazioni popolari in tutto il mondo arabo-islamico. Le cause eclatanti sono note: tirannia, aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, disoccupazione giovanile e social network. Ma da quando sono arrivato in Egitto ho buttato giù un elenco, ipotetico e approssimativo, di quelle che definisco le «forze meno evidenti» dietro a questa rivolta di massa. Eccolo qua: IL FATTORE OBAMA Gli americani non si rendono conto fino in fondo di che atto radicale abbiamo compiuto (agli occhi del resto del mondo) eleggendo come presidente un afroamericano con Hussein come secondo nome. Sono convinto che ascoltando il discorso di Obama al Cairo nel 2009 (non le parole, ma l’uomo), parecchi giovani arabi devono essersi detti: «Hmm, vediamo un po’. Lui è giovane. Io sono giovane. Lui ha la pelle scura. Io ho la pelle scura. Il suo secondo nome è Hussein. Io mi chiamo Hussein. Suo nonno è musulmano. Io sono musulmano. Lui è presidente degli Stati Uniti. E io sono un giovane arabo disoccupato che non può votare e non ha nessuna voce in capitolo sul suo futuro». Metterei anche questo nel mix di forze che alimenta queste rivolte. GOOGLE EARTH In Egitto, in Tunisia e in Bahrein non si è fatto altro che parlare del ruolo svolto da Facebook, ma non dimentichiamoci di Google Earth, che in Bahrein ha cominciato a smuovere le acque della politica nel 2006. Uno dei problemi più sentiti in Bahrein, specialmente tra gli uomini sciiti che vogliono sposarsi e costruirsi una casa, è la distribuzione iniqua delle terre. Il 27 novembre 2006, alla vigilia delle elezioni parlamentari nel minuscolo Stato del Golfo, l’inviato del Washington Post aveva scritto: «Mahmood, che vive in una casa con i genitori, i quattro fratelli e i rispettivi figli, dice che la sua frustrazione è cresciuta ancora di più quando ha guardato il Bahrein con Google Earth e ha visto enormi appezzamenti di terreno vuoti, mentre decine di migliaia di sciiti, in maggioranza poveri, vivono strizzati insieme in aree ristrette e densamente popolate. “Noi siamo 17 persone ammassate in una casa piccola, come tanti che vivono nel distretto sud. E su Google vedi che ci sono un mucchio di regge, e ti accorgi che gli alKhalifa (la famiglia regnante, sunnita) hanno il resto del Paese tutto per loro”. Gli attivisti politici del Bahrein incoraggiano la gente a guardare il Paese con Google Earth, e hanno creato un gruppo speciale di utenti i cui membri hanno accesso a oltre 40 immagini dei palazzi della famiglia reale». ISRAELE La televisione araba al-Jazira oggi ha un folto gruppo di corrispondenti in Israele. Ecco alcune delle storie che alJazira ha diffuso nel mondo arabo dallo Stato ebraico: l’ex premier israeliano Ehud Olmert ha dovuto rassegnare le dimissioni perché accusato di aver ricevuto illegalmente delle buste piene di denaro da un sostenitore ebreoamericano. Un tribunale israeliano recentemente ha condannato per violenza carnale l’ex presidente Moshe Katsav, sulla base delle denunce presentate da due sue ex dipendenti. E poche settimane fa il Governo israeliano ha revocato all’ultimo secondo la nomina del generale di divisione Yoav Galant a capo di stato maggiore delle forze armate, dopo che un’inchiesta ufficiale avviata su pressione di alcuni gruppi ambientalisti era giunta alla conclusione che Galant aveva confiscato terreni demaniali vicino alla sua abitazione (la sua casa la potete vedere su Google Mappe!). Quest’ultima notizia sicuramente avrà suscitato una certa ilarità in Egitto dove l’anno scorso al Cairo si era fatto un gran parlare di una serie di terreni venduti a facoltosi amici e compari di uomini in vista del regime, che avevano procurato profitti colossali ai beneficiari. Quando vivi accanto a un Paese dove i potenti corrotti finiscono in tribunale e vivi in un Paese dove molti dei potenti sono corrotti, finisci per accorgertene. LEOLIMPIADI DI PECHINO La Cina e l’Egitto – scrive sul The Globalist Edward Goldberg, che insegna strategia aziendale – sono due grandi civiltà finite vittime dell’imperialismo, e che negli anni 50 erano due Stati poverissimi, la Cina addirittura più dell’Egitto. Ma oggi la Cina è diventata la seconda econom i a m o n d i a l e , mentre l’Egitto dipende ancora dall’assistenza internazionale. Secondo voi che cosa hanno pensato i giovani egiziani di fronte alla sfarzosa cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino nel 2008? Le Olimpiadi cinesi secondo Goldberg sono state («in un modo che all’America o all’Occidente sarebbe stato impossibile») un altro segnale per i giovani egiziani che nel loro Paese c’era davvero qualcosa che non andava. IL FATTORE FAYYAD Il primo ministro palestinese Salam Fayyad negli ultimi tre anni ha introdotto nel mondo arabo una nuova forma di governo, che io ho soprannominato «fayyadismo». Il succo è: giudicatemi per i miei risultati, per la mia capacità di garantire i servizi pubblici e la raccolta della spazzatura e per la mia capacità di creare posti di lavoro, non semplicemente per come “resisto” all’Occidente o a Israele. È una situazione con cui qualsiasi arabo potrebbe identificarsi. I cinesi hanno dovuto rinunciare alla libertà, ma in cambio hanno avuto crescita economica e un Governo decente. Gli arabi hanno dovuto rinunciare alla libertà e in cambio hanno avuto il conflitto arabo-israeliano e la disoccupazione. Che cosa ci dice tutto questo? Ci dice che c’è una potentissima convergenza di forze che stimola un movimento per il cambiamento di vaste proporzioni. Ci dice che siamo all’inizio di qualcosa di gigantesco. E ci dice che se non ci doteremo di una politica energetica più sensata, la differenza tra una buona e una cattiva giornata per l’America d’ora in poi dipenderà dalla capacità dell’86enne sovrano dell’Arabia Saudita di gestire tutti questi cambiamenti. (Traduzione di Fabio Galimberti)

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