Intervista a Fabio Geda

Il suo nuovo libro è un monologo dall’andamento teatrale di un maestro che insegna in un carcere minorile, la Montagnola, ovvero il Ferrante Aporti. È una storia vera, come tutte quelle dei libri di Geda. È la storia del maestro Mario che, ora insieme alla moglie Chiara, dopo le magistrali si trova ad insegnare in aule dove pensava non sarebbe mai entrato e che invece hanno segnato la sua vita. Ha toccato il disagio, quello vero, dei ragazzi poveri nell’Italia del boom, sostituiti nel corso degli ultimi tempi da una nuova generazione di senza futuro, i ragazzi stranieri. Nelle storie di quei ragazzi è racchiusa la storia del nostro Paese.

Come è stato l’incontro con queste due figure?

È capitato che da alcuni anni collaboro con il Salone del Libro di Torino all’interno di un progetto che si chiama Adotta uno scrittore. Inizialmente gli scrittori erano “adottati” dalle scuole, ma io, tre anni fa, ho deciso di farmi adottare dal carcere minorile di Torino, il Ferrante Aporti. In quella occasione ho conosciuto Mario, il maestro, e insieme abbiamo organizzato e gestito un laboratorio sulla narrazione che è sfociato, il primo anno, in un documentario di Rai Educational – potete vederlo qui:

http://www.fuoriclasse.rai.it/new/dettaglio_puntata.aspx?IDPuntata=430

e il secondo anno in un audio documentario per Radiorai 3 . Da quest’ultima esperienza è anche nato il progetto “La bellezza nonostante”, edito da Transeuropa.

Il libro si apre con uno splendido paragrafo sull’importanza di far bene il proprio mestiere, qualunque esso sia. Un insegnamento, direi, quasi eversivo, di questi tempi…

Il lavoro rende liberi, recitava un cartello posto in un luogo orrendo. Ma è vero, e dobbiamo rimpadronirci di questo motto. Il problema è che bisogna farlo con passione, il lavoro. Qualunque esso sia. E per trovare il lavoro che si può fare con passione bisogna conoscere molto bene se stessi. Tutto parte da qua: conoscere bene se stessi, indagarsi, non avere paura di abitarsi, di entrare in profondità nel nostro io. E poi sperimentare, essere curiosi, essere onesti.

La voce del maestro Mario descrive la vita dei ragazzi in carcere, fatta di un tempo infinito che la scuola in qualche modo deve riempire. Mario sostiene anche che il carcere sia cambiato negli ultimi anni: ora ci sono quasi soltanto ragazzi stranieri, che spesso fuori non hanno nessuno ad aspettarli. Cosa pensi a proposito?

Penso che la società sta cambiando e che noi stiamo faticando a starle dietro. Le migrazioni stanno trasformando l’Europa e a nuove sfide noi opponiamo troppo spesso gli stessi vecchi stratagemmi, a nuove domande offriamo le solite vecchie risposte stantie. Bisogna allargare il pensiero. Lasciare che le nuove sfide trasformino anche noi.

Il titolo del libro è la missione del maestro Mario – credere nella bellezza, nonostante tutto, nonostante il disagio, le sofferenze. Perché dalla bellezza si sviluppa la solidarietà. Secondo me questo potrebbe essere un comandamento per camminare più sicuri oggi. Sei d’accordo?

La bellezza è negli occhi delle persone. Siamo noi a illuminare i luoghi che frequentiamo con il nostro sguardo. E con le nostre orecchie. Pensiamo alla bellezza dell’ascolto, ad esempio. Simone Weil diceva: “La più grande forma di altruismo, oggi, è l’attenzione”. Siamo distratti, e non troviamo il tempo per riconoscere la bellezza del diverso e dell’inatteso.

Il tuo libro segue Nel mare ci sono i coccodrilli, che ha riscosso vasto successo, e si inserisce in un filone di storie (penso alle opere di Albinati e Affinati) che mettono al centro l’emarginazione, la povertà, ma anche l’intensa umanità che emerge da quelle crepe profonde, spesso con il pregio di smascherare i troppi luoghi comuni sulla questione dell’immigrazione e dell’integrazione. Pensi che si stia affermando in Italia un certo modo di pensare la letteratura? Ti senti parte di questa tendenza?

Non so nulla di tendenze. Io faccio quello che so fare. E credo che lo stesso valga, ad esempio, per Eraldo Affinati, che conosco. Siamo persone che, per tornare al discorso di prima, fanno con passione il  loro lavoro.

Perché hai scelto l’editore Transeuropa? Ti piace il suo nuovo progetto?

Mi piace il loro progetto Inaudita e mi piace collaborare con editori diversi, grandi, piccoli, di tendenza, di nicchia. Preferisco la pluralità al monopolio.

Questo è il blog di una scuola. Una sua finalità è contagiare i ragazzi con la passione per la lettura, farne capire l’importanza e il privilegio. Qual è il tuo consiglio per gli studenti del Liceo Leopardi-Majorana?

Entrate in una libreria e compratevi un libro. O entrate in una biblioteca e prendetelo in prestito. Null’altro. Là fuori ci sono libri che sanno cose di voi che nemmeno voi sapete. Non vi interessa conoscerle? Conoscervi? Nei libri non si cerca l’autore, nei libri cerchiamo noi stessi. Suvvia. Abbiate coraggio e andate a cercarvi.

 

 

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