LA CANZONE ITALIANA – IL RITORNO DEI CLASSICI D’AUTORE ITALIANI
A cura di Luigi Gregoris
Sala “Teresina Degan”- Biblioteca Civica – piazza XX Settembre
ore 18.00
martedì 3 aprile, Fabrizio De André. La buona novella
martedì 10 aprile, Francesco Guccini, Radici
martedì 17 aprile, Francesco De Gregori, Rimmel
In un periodo di incertezze e declino non solo musicali, riveste un significato importante il ritorno ed il riascolto di alcuni album degli anni Settanta che sono a tutti gli effetti dei classici della poesia in musica del secondo Novecento per qualità compositive e di scrittura tanto da potersi annoverare fra gli evergreen della canzone italiana, capolavori di una stagione d’oro probabilmente irripetibile.
Fabrizio De André ha sempre considerato La buona novella (1970) forse il suo lavoro migliore: la celebre rilettura della figura di Cristo, secondo l’ottica particolare dei vangeli apocrifi, non ufficiali, conferisce a questo album una singolarità assai rilevante, senza contare la presenza di brani come il notissimo Testamento di Tito o Ave Maria e la collaborazione decisiva di un allora giovanissimo Nicola Piovani, a garantire la bontà e la qualità di un’operazione musicale e letteraria senza confronti anche fuori del nostro paese. Tipicamente deandreiana è poi la costruzione di un concept album, anch’essa poco comune in Italia, per cui si è in presenza di una vera e propria narrazione senza soluzione di continuità, a parte lo stacco temporale tra l’infanzia di Maria e Gesù e la parte finale dedicata alla crocifissione
Francesco Guccini trova in Radici (1972) la sua consacrazione, ma anche un album “magico” per il fatto che sette composizioni sono tutte di eccellente livello, fra cui le notissime La locomotiva, Piccola città, Un vecchio ed un bambino, La canzone dei dodici mesi, caso pressoché unico nella lunga attività del cantautore emiliano oggi settantaduenne, ma ancora in grado di calcare il palcoscenico con buon riscontro di pubblico. Dopo i primi LP e le famose canzoni composte per i Nomadi (Dio è morto) o per l’Equipe ’84 (Auschwitz) comincia qui il lungo percorso solista di un autore che forse non ha proferito la sua ultima parola.
Francesco De Gregori, quando firma Rimmel (975) ha 24 anni, ma il disco rappresenta un vero salto di qualità per pubblico e critica (tutto l’album, a partire dal brano eponimo è di elevato livello: basti almeno ricordare i notissimi Pablo e Buonanotte fiorellino, ma ancheQuattro cani e Pezzi di vetro), nonostante talune riserve sul presunto “ermetismo” di questa fase, in realtà moderna e suggestiva polisemia di stampo anglosassone, tanto da avviare il cantautore romano verso una carriera fra le più importanti in Italia, facendolo considerare un vero caposcuola e, di fatto, il terzo padre della poesia in musica nazionale.
LUIGI GREGORIS, si è laureato in Lettere all’Università di Padova e si è specializzato in Musicologia e Didattica della musica all’Università di Roma-Tor Vergata. E’ cultore di Friunalistica presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Udine. Si è occupato della poesia minore del XIX secolo, da Berchet ai precursori del crepuscolarismo, nei volumi relativi all’Ottocento della Storia letteraria d’Italia (Vallardi). Ha pubblicato diversi saggi riguardanti la canzone italiana e friulana in riviste scientifiche.