Il mio viaggio nel cuore dell’Abardare – Serena Luchini

IMG_2752È domenica, don Romano riesce a finire la Messa “presto” (un’ora e mezza, anziché le solite 3 ore) e così abbiamo il tempo per andare alla fonte del Mutitu Water Project. Questo è un progetto che ha permesso di portare acqua corrente dalla catena dell’Abardare ai diversi villaggi, attraverso una fitta rete di tubi.
Per me non era la prima volta che visitavo quelle zone, avevo già un’idea della strada e del cammino che avremo dovuto affrontare per arrivare al bacino dove viene convogliata l’acqua, eppure qualcosa era cambiato, forse il mio modo di vedere le cose e il mondo.
Da dove si lascia la macchina alla fonte sono 3 ore di cammino, immersi nella foresta vergine dell’Abardare. Le ore passano velocemente perché ci si perde a guardare incantati i raggi di sole che passano tra le foglie, sembra quasi di nuotare in un mare di un verde intenso e brillante. Gli sherpa con il machete tagliano i rami per tracciare il sentiero e ci raccomandano di stare attenti alle foglie di ortica.
Casualmente qualche giorno prima avevo letto le pagine di Cuore di tenebra di Joseph Conrad in cui veniva descritta la foresta del Congo, mi sembrava che quelle parole avessero preso vita: il caldo umido non c’era, ma i colori e quelle sensazioni di piacere e paura allo stesso tempo si. Più camminavo, più riflettevo.
IMG_2744Le immagini del primo viaggio che avevo fatto nel 2006 con la mia famiglia e del secondo, quello che stavo vivendo con il gruppo Yes we Kenya (Y.W.K.), si mescolavano e affioravano in continui flash-back. Mi veniva in mente il colore rosso della terra, dei capelli e dei vestiti masai, un’etnia arretrata per noi occidentali. Eppure nonostante le maniate, capanne di fango e sterco, nonostante siano un popolo di pastori che vive da milioni di generazioni del lavoro della propria terra, hanno il cellulare (simbolo della cultura occidentale moderna) e viene spontaneo chiedersi il perché di questo strano fatto. E anche perché, camminando per le strade di Nairobi o osservando la gente la domenica fuori dalle Chiese, la maggior parte delle donne preferisca avere i capelli lisci e colorati al posto delle loro caratteristiche treccine o dei loro ricci naturali. O perché una donna di un villaggio si sposi in abito bianco stile hollywoodiano , quando per loro il bianco è sinonimo di morte. Più continuavo a camminare nella foresta, più le immagini continuavano ad affiorarmi nella mente e sempre di più avevo i brividi: non sapevo se questo tipo di unione tra più culture era qualcosa di bello o di brutto. A Nairobi quest’anno ho notato due cose che non si amalgamavano all’idea dell’Africa occidentalizzata che avevo: intorno a me non vedevo solo chiese cattoliche e protestanti, segno del vecchio colonialismo inglese, ma vedevo anche tante moschee, donne con il burqa e tantissime insegne cinesi. Segno di nuove colonizzazioni. E mentre continuavo a navigare in quel mare verde, mi è venuto in mente Alex Zappalà -un missionario laico che noi ragazzi di Y.W.K. abbiamo incontrato a Pordenone a marzo- il quale ci ha detto che da poco tempo hanno scoperto miniere di coltan. È un minerale che si usa in diversi tipi di industrie ed è un materiale di fondamentale importanza per le batterie dei cellulari. E allora mi è stato più facile capire il perché delle guerre, degli scontri continui e delle nuove colonizzazioni.
Brividi. La foresta non era più avvolta dal fascino del mistero, ma si era vestita di un colore tetro e cupo. E mi è sembrato più facile capire perché Marlow definisse la foresta “Cuore di tenebra”. Alla fine però non mi attendevano Mr Kurtz e l’inizio di una serie di nuove avventure, ma la fonte del Mutitu Water Project. Lì ho immerso i piedi nell’acqua gelida, che mi ha rigenerato come un battesimo e come tale mi ha cambiata: mi ha rinfrescato la mente e mi ha dato occhi nuovi per guardare il mondo con un’altra prospettiva.

Serena Luchini

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