La mia vita in Spagna è cominciata il 7 gennaio 2014 all’aeroporto di Madrid, dopo aver viaggiato con gli altri miei compagni (Elisa, Fabiano, Francesca, Silvia) da quel di Venezia con la nebbia, che è stato il nostro ultimo ricordo dalla terra italiana.
All’arrivo ho trovato Manuel, come Elisa Celia, Silvia Marta, Francesca Carmen e Fabiano Alex, con i loro genitori, in un clima di festa e di novità.
Dopo le iniziali presentazioni, ci siamo lasciati, ognuno alla volta della sua nuova famiglia. Io sono salita in auto con direzione “casa della nonna” che già era in fermento, curiosa di conoscere la nuova arrivata e impaziente di mostrarmi i numerosi presepi (mi pare 56) di cui era decorata la casa nel periodo natalizio.
Come non sentirmi già a casa: nella Semplicità di due donne (la mamma e la nonna di Manuel) ho ritrovato un pezzo della mia famiglia. Forse è vero: la bontà di cuore non ha passaporto.
I primi giorni sono stati essenzialmente di conoscenza: della famiglia, del territorio, della scuola.
Il calore della famiglia, la simpatia degli amici, una nuova vita da costruire, tutto ha contribuito a fare in modo che tutte le paure che assillavano i miei giorni prima della partenza (difficoltà ad ambientarmi e nostalgia di casa, soprattutto degli amici) sembravano avermi dato l’addio all’aeroporto di Venezia. Ero qui solo da pochi giorni ed era come se lo fossi da sempre. Probabilmente, però, l’accento e la parlata strana servivano a ricordarmi che non sono nata qui e che il 7 gennaio sono PARTITA dall’Italia.
Ma ora veniamo al racconto: probabilmente vi starete chiedendo che cosa facciamo tutto il giorno.
Innanzitutto, la scuola. Qui inizia alle alle 8.30 con 6 ore da 55 minuti, una ricreazione di 25 e una didattica un po’ differente dalla nostra. Ogni classe è dotata di un proiettore utilizzato dalla gran parte dei docenti per far fronte a una scuola e una metodologia non abituate all’uso del libro di testo. Le classi in Spagna non sono proprio quel blocco fisso di alunni a cui siamo abituati. Per la maggior parte del tempo i compagni rimangono gli stessi, ma al cambio dell’ora può capitare che arrivi qualcuno di “nuovo” per assistere alla lezione a cui è interessato, come può esserci gente che non partecipa e tutte le lezioni, ma solo a quelle in cui è stato “suspendido” l’anno precedente. In Spagna, infatti, la bocciatura non corrisponde al ripetersi di tutto un anno, ma l’obbligo è solo per le materie in cui è effettivamente avvenuta la bocciatura. Anche il ciclo di studi è organizzato in maniera differente. Gli anni delle nostre “scuole medie” sono infatti 4, cui ne seguono 2 di “superiori” prima id accedere alla carriera universitaria. Adesso noi, allievi di scienza umane, di quarta, per esempio, stiamo frequentando il secondo dei due anni precedenti all’università, mentre Silvia sta frequentando il primo di questi due (essendo un anno più giovane di noi).
Continuando con l’argomento scuola, anche il rapporto alunno-professore è differente. È successo, per esempio, che all’entrata in classe di un professore, noi italiani ci siamo alzati in piedi, come è nostra abitudine e che, voltandoci, abbiamo trovato i nostri compagni beatamente seduti ai propri posti, sghignazzando per questo nostro gesto “inaudito” e per loro estraneo. Un’altra differenza rispetto al sistema italiano è la minor distanza tra alunno e insegnante, che viene chiamato per nome, omettendo in ogni caso la forma di cortesia.
Se durante il giorno si hanno ore libere vi è la possibilità di andare in biblioteca a studiare (e fin qui niente di nuovo) o di uscire da scuola e rientrare per l’ora successiva. Un’altra cosa che mi ha incuriosito è la scarsità di appunti presi a lezione, ma questo si spiega facilmente con il fatto che gli insegnanti pubblichino in rete il materiale nella piattaforma moodle della scuola.
Uno dei motivi per cui sono contenta di andare a scuola, è il fatto di trovare stimolanti le materie, sebbene più difficili da affrontare come è, per esempio, la matematica che ci stiamo trovando ad affrontare. Quello che noto è che non manca la voglia di intervenire durante la lezione e di instaurare dibattiti che personalmente ritengo più costruttivi dell’ansia che abbiamo in Italia di correre dietro ai programmi. Dibattiti, peraltro, centrati sulla materia affrontata, ma capaci di parlare di argomenti di attualità o che comunque toccano tutti e che aiutano lo sviluppo di un’opinione personale. Insomma, io sento che mi fa bene stare qui e vi prego, se potete: provateci anche voi!
Altra domanda frequente: come si mangia in Spagna? Oltre ai piatti tipici conosciuti da tutti, come paella, tapas, tortillas, da sottolineare e ricordare, vi sono: panino con formaggio e membrillo (simile alla marmellata), non è male, provatelo!; e il loro “jamon” (=prosciutto crudo) che, per quanto friulani si possa essere, batte il nostro San Daniele ed è per loro un vanto! Nella cucina spagnola vi sono numerosi piatti composti di carne, varie zuppe e molti dolci. Concludendo con il cibo (altrimenti ci viene fame), vi dico solo che in un mese che sono qua sono già ingrassata di 2 kg!
Un’altra cosa che ha attirato la mia attenzione e che considero da “esportare” è la grande importanza data alla cultura e alla lettura. Ogni casa è PIENA di libri, è quando dico PIENA non è uno scherzo! Ovviamente, gli scaffali non sono solo pieni di Don Quijote e Sancho Panza, ma hanno moltissime altre storie e personaggi che tengono loro compagnia. Inoltre, i vagoni della metropolitana di Madrid sono tappezzati, all’interno di frammenti di storie e pezzi di libri (vi ho ritrovato Il gattopardo!), e sono pieni di gente di ogni età che viaggia leggendo. A proposito di questo, qui è molto diffuso, tra la gente di qualunque età, giovani e vecchi, il kindle per leggere libri portandosi dietro un minor peso. Proprio qualche giorno fa mi stavo domandando se per questo motivo qui siano più evoluti o se stiano regredendo perché perdono il piacere di accarezzare la carta.
Inoltre, è piacevole viaggiare in metro perché l’attesa è accompagnata, oltre che dalle pubblicità inutili che ti circondano, anche da spot con le ‘buone notizie”. Per esempio qualche giorno fa veniva mandato in onda un servizio che informava sulla diminuzione della fame nel mondo. E come questo, altri simili.
Personalmente, credo di essere capitata a pennello in una famiglia perfetta per un alunno del prof Cescon: casa inondata di libri di poesia e letteratura spagnola, mezza famiglia appassionata di teatro e versi, e diverse possibilità di avvicinarmi alla poesia. Sono stata invitata ad assistere ad un concerto di poesia, seguito da un dibattito e da un confronto; ad un incontro autogestito nella scuola di Manuel, a Madrid, sulla lettura di un libro; ho anche potuto esportare il blog ipoetisonovivi.com, ricambiando l’invito con un po’ di poesia italiana, che purtroppo capivamo solo io è Manuel.
Ricordatevi, se venite in Spagna, che qui non si saluta stringendo la mano come facciamo in Italia, ma con due baci sulla guancia. I primi giorni sono stati un po’ comici.
Concludendo, prima di riaggiornarci alla prossima puntata, volevo solo condividere con voi un pensiero che sembrerà strano (e forse un po’ lo è): i primi giorni mi sembrava di stare qui da sempre e che sarebbero sembrati lunghi questi tre mesi, mentre ora che un mese se n’è andato ho come l’impressione di stare qui da ieri e invece mancano solo due mesi.
Beh ragazzi…non so se tornerò!!
Marta Fedrigo