Gli strani segreti della mia bolletta

Articolo pubblicato su La Repubblica (23 aprile).

INFURIA il dibattito sul costo dei sussidi alle energie rinnovabili e alla cogenerazione su rischi e costi del nucleare su accordi, contratti e intrallazzi con i Paesi stranieri per le forniture di gas sulle rendite del settore, sulla sua regolamentazione e/o liberalizzazione sulla creazione del mercato unico europeo e/o protezione dei campioni nazionali. Ma oltre il problema generale del costo dell’energia, c’è quello del consumatore: la sua capacità di scegliere informato. Approfittando delle vacanze pasquali, ho trovato il tempo per tentare di capire quanto pago di luce e gas a casa mia, e perché. Volevo un termine di paragone per districarmi tra le offerte che la liberalizzazione mi mette a disposizione, e valutarne la convenienza. Ci avevo già provato, ma avevo sempre desistito di fronte all’incomprensibile complessità della bolletta. Ora non ho più scuse. Confortato dalla nuova bolletta, dal primo gennaio «rinnovata nella grafica e modalità di esposizione di contenuti», più leggibile grazie alle «innovazioni introdotte con le deliberazioni AEEG ARG/elt 228/10, ARG/com 236/10 e ARG/elt 232/10» e armato del Glossario messo a disposizione nel sito dell’Autorità (di 15 pagine), sono partito. La mia è un’utenza domestica residente D3 (il Glossario non chiarisce) con Servizio di Maggior Tutela (la “maggior tutela” dello Stato mette in crisi la mia anima liberista da domani passo al “libero mercato”). Scopro che in casa mia potrei installare una piccola fabbrica: 10kW di potenza impegnata (11 disponibili: posso sforare di1 kW prima che mi taglino la corrente). La tariffa è bioraria grazie al contatore elettronico che misura i consumi nelle fasce orarie F1, F2 e F3 (vedi Glossario). Peccato però che la bolletta riporti che i consumi sono solo “stimati”: il contatore serve solo per fare scena? E se non legge e comunica i consumi per fasce orarie, come calcolano quello che pago? Passiamo all’esame dei costi. Si comincia con i Servizi di Vendita, divisi tra (a) un fisso giornaliero, a sua volta diviso in un costo per la pura fornitura del servizio e una “componente di dispacciamento” (Glossario: “il servizio che garantisce in ogni istante l’equilibrio tra domanda e offerta di energia elettrica”!), a sua volta divisa tra una parte fissa (che è un sussidio solo per i Tutelati) e una variabile (che invece è un costo solo per i piccoli utenti) e (b) una quota energia, a sua volta divisa tra costo dell’energia per fascia oraria, costo di dispacciamento (di nuovo, vedi sopra) e “componenti di perequazione” che neanche il Glossario riesce a spiegare (roba per Tutelati). Poi vengono i Servizi di Trasmissione, manco a dirlo divisi in quota fissa, potenza installata e quota variabile (con 4 scaglioni tariffari). C’è poi una sfilza di sussidi che nel tempo i vari governi hanno munificamente elargito ai produttori con i nostri soldi. Il Glossario ne elenca 10: dalle fonti rinnovabili e assimilate, ai costi sostenuti per la liberalizzazione del mercato dalle integrazioni alle imprese elettriche minori, ai costi di smantellamento delle centrali nucleari (quelle vecchie, mai funzionanti). Per finire le imposte. Pago le tasse sulle tasse: l’Iva grava infatti sull’imposta erariale e sull’addizionale per Comuni e Province (il bello del federalismo). Capisco l’esigenza giuridico-amministrativa di avere una struttura tariffaria dettagliata: ma sono affari dell’Autorità e delle imprese. A me interessa solo il costo complessivo per kilowatt (e i consumi effettivi). Ma questo è l’unico valore che la bolletta non rivela. La semplicità sarebbe la migliore forma di trasparenza. Solo così potrei confrontare la convenienza delle varie offerte e avere un incentivo a cambiare fornitore, promuovendo la concorrenza. Comeè successo per telefonia e Internet. Come per qualsiasi bene. Dopo qualche ora, calcolatrice alla mano, trovo che pago 25,03 centesimi il kW, di cui 18,4% sono imposte, 32,2% il costo energetico e ben 49,4% il costo del servizio: forse c’è spazio per aumentare l’efficienza.

Alessandro Penati

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