Diaspora: il social network tutto open source

Un’altra notizia noiosa per Mark Zuckerberg: nulla di paragonabile agli sberloni presi in borsa dai titoli azionari di Facebook, scesi a un valore di 18 dollari nell’ultima settimana, ma la crescita e l’organizzazione di un nuovo concorrente non fa mai piacere. E concorrente a tutti gli effetti è il progetto Diaspora, un’idea di social network decentralizzato e “autogestito” dagli utenti, nato nella testa di quattro ragazzi della New York University, con un budget di partenza di 10 mila dollari. Oggi, a due anni dal debutto, i fondi raccolti si sono più che decuplicati, i ragazzi sono cresciuti e la piattaforma Diaspora si prepara a diventare a tutti gli effetti open source: scaricabile, aperta, consegnata ai membri della comunità. Lo hanno annunciato con orgoglio, sul blog di riferimento, due dei fondatori. Il servizio, in sostanza, consente a ogni utente iscritto di gestire un proprio server e di collegarsi agli utenti senza passare per un server centrale, un po’ come avviene con le reti peer to peer con cui si condividono film, musica e ogni altro contenuto digitale. Il sistema, però, non esclude l’uso di Facebook e degli altri social network, a cui si potrà comunque accedere e su cui si potrà postare o cinguettare, col vantaggio di controllare ogni fase del processo. Tra i principali vantaggi promessi da Diaspora ci sono: la certezza che nessuno chiuderà arbitrariamente il vostro account, un dettagliato pannello di controllo sulla privacy che non sarà rimaneggiato o tagliato a vostra insaputa, la possibilità di escludere ogni annuncio pubblicitario, la comodità di arricchire l’account con nuovi strumenti e gadget software senza dover attendere che l’azienda proprietaria (Facebook, per esempio), si decida a includerli sulla piattaforma. Ma nei prossimi giorni succederà qualcosa di più. Dopo che, spiegano i creatori del progetto, “la rete è cresciuta con migliaia di persone che utilizzano il nostro software in centinaia di installazioni in tutto il web” e il programma è stato “tradotto in quasi 50 lingue (tra cui italiano, ndr), con centinaia di sviluppatori in tutto il mondo” Diaspora, si legge ancora nel blog, “è diventato qualcosa di più di un progetto iniziato da quattro ragazzi nel loro ufficio a scuola. E’ più grande di ognuno di noi, dei soldi che abbiamo raccolti, o del codice che abbiamo scritto”. È tempo dunque di metterlo effettivamente in mano alla comunità che lo ha fortemente voluto e fatto crescere. Un destino naturale, ma non scontato, per un progetto di Free Open Social Software. Non succederà di colpo, ma a passi graduali, per ovvie ragioni tecniche. Per ora, si può dire, si tratta ancora di una operazione di élite, come ancora d’élite è l’adozione di sistemi operativi open source sui pc personali (diverso è il discorso per server e aziende). I numeri continentali di Facebook sono lontani e non sarà certo Diaspora, malgrado il suo sinistro nome biblico, a togliere il sonno a Zuckerberg. Ma, sul web, da piccoli si diventa grandi in breve tempo: Firefox, il software browser, è un esempio di successo della strategia open source, e anche il sistema per telefonia mobile e tablet voluto da Google, Android, deve qualcosa alla filosofia del software libero. Diaspora ha finora vinto le sue prime sfide, ed è certo che la richiesta di un social network che dia maggiori garanzie sul piano della privacy, in Rete, è molto forte. Il messaggio è: un altro social è possibile.

L’articolo completo e gli approfondimenti sono disponibili all’indirizzo: http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_articolo=10921&ID_blog=30&ID_sezione=38

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