Me l’avevano regalato a Natale, ma non l’avevo ancora letto perché ogni volta ho paura di consumare troppo presto il piacere di leggere David Foster Wallace. Vinta questa paradossale indecisione, qualche settimana fa l’ho divorato in poche ore.
Se a qualcuno piacciono il tennis e Federer, questo libro fa per lui.
L’inizio è magnifico: quasi tutti gli appassionati di tennis che seguono il circuito maschile in televisione, da qualche anno a questa parte hanno avuto modo di sperimentare quelli che si potrebbero definire Momenti Federer. Sono gli attimi in cui, mentre guardi il giovane svizzero in azione, ti cade la mascella, strabuzzi gli occhi ed emetti suoni che fanno accorrere la tua consorte dalla stanza accanto per controllare che tutto sia a posto.
(Segue una incredibile descrizione di un punto della finale Federer-Agassi agli U.S. Open del 2005).
Roger Federer come esperienza religiosa (Casagrande, 2010) è un breve saggio (non voglio scrivere “saggio breve”) di Wallace, inviato dal New York Times a Wimbledon nel 2006.
La tesi sostenuta è che vedere Federer dal vivo è appunto un’esperienza quasi religiosa per la bellezza cinetica del suo gioco che, pur essendo basato sugli schemi del tennis moderno (gioco da fondo e improvvise accelerazioni a cercare il punto vincente), ha aggiunto qualcosa di più, che a tratti sembra superare le possibilità umane. Questo perché lui, secondo Wallace, è uno di quei rari atleti preternaturali (…) dispensati, almeno in parte, dalle leggi della fisica.
Federer sta dimostrando che la velocità e la potenza sono semplicemente lo scheletro del tennis moderno, non la carne. Federer ha dato, figurativamente e letteralmente, una nuova forma corporea al tennis maschile, e per la prima volta in diversi anni il futuro di questo gioco è diventato imprevedibile.
Ma Wallace sa anche raccontare lo spettacolo del tennis dal vivo – cosa difficilissima, in primo luogo per la non telegenicità del tennis – come fosse davanti ai nostri occhi, ci fa percepire i rumori del campo, i tic degli atleti, il telaio della racchetta, la pallina che viene sparata come un siluro, i tempi di reazione istantanei.
Il modello Federer è poi confrontato con il machismo passionale del Sud di Nadal nel racconto mirabile della finale del 9 luglio, in particolare del punto in sedici scambi sul 2-1 per Nadal al secondo set (ma io non lo farò, perché è un altro dei motivi per cui leggere questo libro). Scalpello e spaccaossa, come dice lui, sono due modelli antropologici – prima che sportivi – completamente differenti.
Naturalmente, quando Wallace parla di questi dettagli (ricordo che, anche qui, sono presenti le leggendarie note alla Wallace[1]), ha il potere di dire molto anche su di noi, sulle nostre vite, sui nostri tic, per esempio sul nostro modo di concepire lo sport oggi – come una guerra e filtrato dalla televisione, perdendo in tal modo l’epicità dello sforzo, la tensione in cui tutto si gioca in pochi secondi, in un gesto -, ma sa anche analizzare con competenza i meccanismi del tennis moderno e, soprattutto, riesce a dipingere il gioco di Federer come non l’avete mai immaginato prima.
Così è impossibile non identificarsi o provare compassione per i suoi personaggi o per lo stesso autore, quando si cala dentro le sue storie per essere un eroe moderno, pieno di debolezze e manie, che lo sopraffaranno, ma in qualche modo lui ne uscirà sempre vincitore.
[1] …Tanto che, dopo aver letto un libro di Wallace, leggerete con più curiosità le note a piè di pagina, perché non saprete mai cosa aspettarvi…