Cosa leggono i prof: Liviana Covre

“Che tempo che fa”, la trasmissione di Fabio Fazio mi permette di non sentirmi derubata quando pago il canone televisivo: costituisce uno dei rari programmi che dibattono di libri e intervistano autori con la leggerezza del divertimento e la profondità dell’intelligenza. Ieri sera non potevo dunque perdermi l’intervista con Eugenio Scalfari alla presentazione del suo ultimo saggio che faceva bella mostra di sé sul tavolo del mio salotto e con il quale da un paio di sere avevo cominciato il mio personale dialogo di lettrice. Avevo incontrato a Pordenonelegge un autore che rivisitava il pensiero moderno in “Per l’alto mare aperto” da Montaigne a Cervantes fino a Leopardi e Montale in un viaggio che cercava risposte a una sorta di invasione barbarica pronta a sconfiggere la modernità e nello stesso tempo lasciava aperta la speranza a una nuova scoperta, perché la storia umana non può finire finché l’uomo sapiens riuscirà a guardare il cielo stellato e a cercare la legge morale dentro di sé.

Quel saggio si chiudeva con “gli ultimi fuochi” di un’epoca al tramonto: Calvino e Montale e con alcune pagine dedicate ai due grandi interpreti del’900 che preparano le riflessioni del nuovo saggio. Aveva ricordato Calvino  e il suo tentativo di placare un’anima malinconica con la leggerezza creativa della scrittura; gli dedica ora una pagina iniziale del libro per dimostrare come spesso gli artisti siano dominati da una natura incline all’introversione. “Scuote l’anima mia Eros” prende il titolo da un famoso verso di Saffo e vuole essere la lucida analisi di una mente razionale che sente di dover fare i conti con le passioni e gli istinti, mentre ripercorre la genesi dell’antica dialettica tra dionisiaco e apollineo all’interno del genio artistico e nella propria vita personale. Scalfari, come molti di noi, riconosce l’importante presenza di ragione e istinto nelle scelte di ognuno e con lucida analisi ci spiega che il predominio di ragione o istinto è determinato dal prevalere in ciascuno di noi dell’elemento saturnino o mercuriale. Secondo la mitologia greca il primo governa i caratteri malinconici e solitari, il secondo risente della giocosità e del brio proprio del dio da cui prende nome: Così Calvino, compagno di giovinezza negli anni del liceo e della stagione in cui la mente incontra Atena, si rivela uno scrittore che cerca nella scrittura quella giocosità di cui non sa vivere e l’amico Scalari nasconde dietro lo sguardo severo dell’intellettuale il guizzo gioioso del dio Mercurio. Nonostante gli anni ha conservato la freschezza  di un giovane che si è palesato non solo nel dialogo con Fazio, ma soprattutto nel sorriso degli occhi che trasmettevano amore per la vita e per Eros, signore degli uomini e degli dei, protagonista del racconto e slancio vitale per un uomo che vuole insegnare ancora una volta a non disperdere la vita ma a viverla con “intensa passione, con speranza e allegria”. Eros non è un dio nell’accezione classica del termine, è una divinità primigenia che domina gli dei e gli uomini suscitando in loro il desiderio e l’entusiasmo del desiderio. Figlio della Notte e  dell’Erebo o dell’unione tra Oceano e Teti oppure del Cielo e della Terra, è una mitologia che si confonde con la cosmogonia. Infonde negli esseri il desiderio della sopravvivenza e opera in particolare nella nostra specie insieme a Psiche sua creatura e sua sposa. Presiede l’istinto alla vita nell’amore di sé e la sublimazione dell’egoismo nell’amore per l’altro che costituisce il fondamento dell’etica.

Liviana Covre

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