Cosa leggono i prof: Giulia Bozzola

Possono delle esistenze assolutamente “ordinarie”  (lui macellaio, lei casalinga) costituire l’ossatura di un quasi-romanzo? Alan Bennett ripercorre gli anni della giovinezza accanto ai genitori e trasforma la sua e la loro vita, prima a Leeds e poi in un minuscolo villaggio del Dales, in una narrazione che, se non può essere avvincente, ha però l’indiscutibile capacità di scavare tra le pieghe di una banale quotidianità con arguzia ed insieme con un infinito senso di tristezza. La parola d’ordine di mamma Lilian, alla disperata ricerca di una raffinatezza che non troverà mai, è “ordinario”. Ordinari sono i capelli troppo corti di papà, le tende di una casa, i mobili bar, i tatuaggi, le porte dipinte di rosso. Nonostante l’atteggiamento critico nei confronti di ciò che la circonda, Lilian non riesce però ad avere  proprio nulla di “straordinario” nella sua vita, non fosse per un’ereditaria inclinazione alla depressione che la fa entrare ed uscire di continuo dagli ospedali. Papà Bennett è “un uomo che ama defilarsi”, e che per anni compie l’estenuante e quotidiano percorso casa-ospedale per andare a trovare la moglie, dimostrando un’assoluta devozione alla propria scelta matrimoniale anche quando Lilian è scossa dagli elettro-shock. Se ne andrà comunque prima di lei, stroncato da un infarto. A fare da contorno, le due zie dapprima zitelle e poi in rapida ascesa sociale seguita da un altrettanto veloce declino e, sullo sfondo, il suicidio del nonno, tenuto nascosto come una vergogna familiare. Bennett non rinuncia, pur nel manto di tristezza che avvolge la narrazione, a farci più di qualche volta l’occhiolino. È lui che ci guida tra i personaggi reali e quelli fittizi delle altre sue narrazioni in un gioco di specchi, e ritorna il Bennett di sempre quando ci stupisce con un ultimo guizzo (ma non dirò quale) proprio tra le ultime righe di questo libro insolito. Chiunque abbia vissuto il distacco dai propri genitori, non può fare a meno di vivere con empatia le vicende di “Una vita come le altre”, e molti ritroveranno tra i ricordi di Bennett qualcosa di familiare, una malinconia che ci unisce tutti ripensando al passato che ci  scivola tra le dita diventando “ordinario”, e al quale vorremmo restituire dignità rendendolo “unico”.

 

Alan Bennett

“Una vita come le altre”

Adelphi editore

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