Se oggi un cittadino di Skopje atterrasse, mettiamo, all’aeroporto di Fiumicino e al controllo passaporti un poliziotto chi domandasse la nazionalità, per essere preciso dovrebbe rispondere “firomiano”, oppure “firomese” (su questo punto lo Zanichelli non aiuta). Il fatto è che il suo Paese, nato nel 1992 dalla dissoluzione della Jugoslavia non ha mai potuto trovare un nome internazionalmente riconosciuto poiché la Grecia vanta nel Nord una regione che si chiama appunto Macedonia e non ha mai voluto saperne di cederla, anche perché poi entrerebbero in gioco complicate questioni sulle origini di Alessandro il Grande. Su quest’ultimo punto, magari, la Macedonia di Skopje si è allargata un po’ denominando “Alessandro il Grande” il suo aeroporto, “Alessandro il Grande” la principale piazza della capitale e disseminando il grande Alessandro su e giù per il Paese, ma quanto al diritto internazionale non si scappa: la nazione dal 1993 si chiama ufficialmente “Fjrom”, ovvero “Former jugoslav republic of Macedonia” e da questo punto non ci si era mossi per ventuno anni, ovvero da quanto dura il contenzioso internazionale con Atene. Tutto questo almeno fino a ieri, poiché proprio nelle ultime ore dopo lunghi e tormentosi interrogativi la delegazione greca ha dimenticato per un momento la tragedia economica per uscirsene finalmente con una proposta: la giovane repubblica dovrebbe chiamarsi “Macedonia slavo-albanese”.
Ci sono voluti ventuno anni segnati da lunghe fasi di incomunicabilità e intervallati da scontri furiosi, ma alla fine il lunghissimo contenzioso fra Atene e Skopje partorisce qualcosa di nuovo. La questione è talmente complessa che le Nazioni Unite hanno dovuto nominare un inviato speciale preposto alla faccenda e qualche tempo fa quest’ultimo, Mattew Nimetz, aveva proposto il nome “Macedonia del Nord”. L’idea non era piaciuta ad Atene, che in una simile denominazione vedeva ancora una somiglianza troppo accentuata alla sua regione settentrionale.
Adesso il lungo psicodramma greco sembra essersi concluso: Adamantios Vassilakis, capo negoziatore del governo sulla delicata vicenda propone la seguente denominazione: “Macedonia Slavo-Albanese”, qualcosa che suonerà comunque meglio dell’attuale acronimo internazionale, anche se sembra comunque contenere un elemento di identificazione e limitazione etnica che finirebbe con rappresentare l’altra faccia della discriminazione.
La questione viene ora sottoposta ad attento esame a New York da parte dell’inviato Nimetz, del già noto Vassiliakis e del responsabile delle trattative per il versante macedone Zoran Jolevski. Le prime reazioni non sembrano molto positive: l’inserimento della denominazione “albanese” in una nazione che prima è stata bulgara e poi è appartenuta agli slavi del Sud appare infelice, e sarebbe accolto male da una parte della popolazione, anche se può soddisfare l’aggressiva minoranza skipetara del Paese, che alacremente continua un’inarrestabile esplosione demografica.
La trattativa appare sempre più come una tela di Penelope, una di quelle opere concepite per non concludersi mai: negli ultimi tempi le proposte si sono susseguite a ritmo serrato ma per una ragione o per l’altra sono state tutte bocciate. Si è già detto di quel “Macedonia del Nord” rifiutato da Atene, esattamente come quello di “Nuova Macedonia” che Skopje avrebbe tanto voluto, di “Repubblica di Macedonia-Skopje” ed infine il disperato tentativo di Nimetz di far passare un “Macedonia superiore” che i greci, così sensibili alle classificazioni di qualsivoglia ordine e grado, hanno bollato come “assolutamente inaccettabile”. La disputa continua, e nel frattempo il veto greco continuerà a frustrare tutti i tentativi di Skopje di avvicinarsi all’Unione europea.
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