L’America dimenticata – (IVBs)

Russo-VladimiroIl 18 di settembre, nell’ambito di  “Pordenonelegge” si è svolta la conferenza “L’AMERICA DIMENTICATA” tenuta dai relatori Lucio Russo, matematico e fisico, e Valerio Vladmiro architetto e storico. Si è analizzato il contenuto dell’omonimo libro di Russo, che si propone di dimostrare la presenza di contatti tra l’America e civiltà del Mediterraneo prima di Cristoforo Colombo, che secondo la tradizione “scoprì” l’America, e ancora prima dei Vichinghi. Infatti è ormai un’idea accettata che questi giunsero nel nuovo continente attraverso le rotte nordiche.
Il libro si suddivide in due parti, la prima storico/teorica ed una seconda in cui sono presenti esempi concreti. Nella prima parte viene affrontata la storia delle civiltà e vengono proposte due teorie di evoluzione dell’uomo: secondo la teoria dell’evoluzionismo lo sviluppo riguarda propriamente ogni civiltà che segue il suo processo individualmente, quindi coesisterebbero livelli di avanzamento diversi; poiché sono presenti differenze sostanziali tra le varie culture si potrebbe quasi sfiorare il tema del razzismo. La seconda teoria predilige il diffusionismo, ipotizzando quindi uno sviluppo della civiltà e  dell’innovazione diffusa appunto grazie ai contatti (es. la ruota viene scoperta una volta sola).
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Leopardi e Majorana: dialogo improbabile tra un fisico e un poeta

IMG_1197È il primo evento dell’edizione 2013 di Pordenonelegge, mercoledì 18 settembre, Loggia del Municipio, ore 9.00, a cura degli studenti del Liceo Leopardi-Majorana, in collaborazione con la Compagnia teatrale Punto e… a Capo, con i docenti Susanna Corelli e Massimiliano Merisi, il coordinamento di Silvia Corelli e Carla Manzon e la partecipazione straordinaria di Alberto Casadei. L’evento, destinato a durare sino alle 12.30, si propone di scoprire, attraverso delle letture, le figure del poeta Giacomo Leopardi e del fisico Ettore Majorana, per quanto sia possibile nel pur lungo tempo per cui si estende.
Parlando del Recanatese, non si poteva non iniziare dal più celebre dei Piccoli Idilli, da quei quindici endecasillabi che racchiudono la visione, come dice il titolo, dell’Infinito. È il canto del poeta rinchiuso nel paterno ostello, che ama quell’ermo colle e quella siepe perché, sbarrandogli il mondo esterno e la realtà, lo lasciano spaziare colla fantasia, senza limiti, immaginando

“[…] interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete”.

Le cinque letture successive sono dedicate a Ettore Majorana, il geniale fisico siciliano misteriosamente scomparso nella notte del 25 marzo 1938. Sono perlopiù tratte dall’opera La scomparsa di Majorana, scritta da Leonardo Sciascia nel 1973. C’è, in particolare, una frase che mette in collegamento i due personaggi in oggetto, che pure sembrano tanto distanti: “La scienza, come la poesia, si sa che sta ad un passo dalla follia”. Questi passi inquadrano meglio la figura dello scienziato, a partire dalla descrizione fisica di un uomo con “un’andatura timida, quasi incerta […] gote lievemente scavate […] occhi vivacissimi e scintillanti”. Emerge che Majorana non ebbe mai buoni rapporti con Fermi e i ragazzi di via Panisperna, anzi nutriva nei loro confronti “senso di estraneità […] diffidenza […] a volte […] antagonismo”. Si parla di un paio di episodî intervenuti tra Majorana e Fermi. Una volta Majorana entrò di corsa nell’ufficio di Fermi, gli chiese di vedere la tabella che aveva approntato per risolvere una complicata equazione, estrasse di tasca un fogliolino scritto in fretta e furia e, vista la coincidenza, stabilì che la tabella di fermi andava bene.  Si ricorda poi che mentre Fermi faceva i calcoli con un regolo calcolatore, Majorana nello stesso tempo li eseguiva a memoria. “Fermi e i ragazzi- scrive Sciascia- cercavano […] lui [Majorana] semplicemente trovava”. Attorno alla scomparsa di Majorana si mossero poi false speranze dei familiari, sollecitazioni e interessi dalle alte sfere, la negligenza- insinua l’autore- della polizia che condusse le indagini, una girandola senza fine d’ipotesi, ma quello che oggi ci rimane di lui, avvolto nel mistero, è il suo genio.
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L’ateismo pavido – (Michele Casella)

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Ci sono degli atei che promuovono dibattiti e conferenze per diffondere la loro visione del mondo; perché lo fanno?
La negazione dell’esistenza di Dio è una rispettabile posizione circa la verità, come è altrettanto rispettabile la concezione opposta; tuttavia mentre la seconda offre il conforto della speranza, la prima offre la “certezza scientifica” che nega all’uomo ogni speranza. Mi domando a che serva indurre gli altri individui allo sconforto, mi domando che vantaggio abbiano gli atei a propagandare il loro ateismo.  Mentre il credente, per convincimento o dovere, deve compiere opera di proselitismo perché in questo modo diffonde la speranza della salvezza e, nello stresso tempo, acquisisce meriti per la propria salvezza, l’ateo non ha speranza per sé e toglie agli altri il conforto della speranza. Perché?
Perché l’ateo che fa proselitismo, a mio avviso, è un ateo non convinto del tutto, forse è un agnostico o forse è semplicemente un ateo pavido. Timoroso di accogliere per sé un bisogno spirituale, un credo che sente necessario, ma che non comprende e, per pura arroganza intellettuale, respinge da sé. Insomma  egli ha paura di morire (come tutti) e teme che di là possa incontrare l’Inesistente. Se avrà fatto opera di proselitismo, potrà sempre dire: “Perdonami, ma mi hai dato una ragione inadeguata per comprenderti e siamo in tanti ad esserci fidati della ragione!”
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Dante e il Cristianesimo – Eugenia Colin

Carlo SiniLa conferenza tenuta il 18 settembre da Carlo Sini, filosofo italiano tra i più noti, in occasione del suo nuovo libro che utilizza spunti riguardanti Dante e la Divina Commedia tratti dai libri di Erich Auerbach, filologo tedesco vissuto tra ‘800 e ‘900, si apre con una domanda: ‹‹Perché Dante ha scelto il volgare?››.
La Divina Commedia, opera senza eguali in nessuna letteratura, opera da considerare l’inizio di quello che è il mondo in cui viviamo noi oggi infatti è stata scritta in lingua volgare. La risposta potrebbe sembrare perfino banale, ma proprio per questa sua banalità diventa complicata. L’uso di questa lingua risulta una novità per il periodo in cui è stata scritta la Commedia e una stranezza per il fatto che Dante si è ispirato a Virgilio per il suo percorso e quindi a rigor di logica avrebbe dovuto usare il latino; ma come scrisse nel  De vulgari eloquentia (scritto in latino perché il testo venisse letto dai più ricchi) il volgare è da considerare la lingua materna, quella che appartiene al popolo ma che può essere anche resa elegante. La scelta del volgare di Dante è poi giustificata dalla rivoluzione indotta dal Cristianesimo: fino al primo secolo dopo Cristo alcuni gruppi di convertiti che non si ritrovano più nel paganesimo e quindi non vogliono neppure frequentare i circoli culturali, si estraniano dalla lingua latina prediligendo il volgare come lingua per i cristiani, coloro che vogliono allontanarsi dal classicismo.

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Il mio viaggio nel cuore dell’Abardare – Serena Luchini

IMG_2752È domenica, don Romano riesce a finire la Messa “presto” (un’ora e mezza, anziché le solite 3 ore) e così abbiamo il tempo per andare alla fonte del Mutitu Water Project. Questo è un progetto che ha permesso di portare acqua corrente dalla catena dell’Abardare ai diversi villaggi, attraverso una fitta rete di tubi.
Per me non era la prima volta che visitavo quelle zone, avevo già un’idea della strada e del cammino che avremo dovuto affrontare per arrivare al bacino dove viene convogliata l’acqua, eppure qualcosa era cambiato, forse il mio modo di vedere le cose e il mondo.
Da dove si lascia la macchina alla fonte sono 3 ore di cammino, immersi nella foresta vergine dell’Abardare. Le ore passano velocemente perché ci si perde a guardare incantati i raggi di sole che passano tra le foglie, sembra quasi di nuotare in un mare di un verde intenso e brillante. Gli sherpa con il machete tagliano i rami per tracciare il sentiero e ci raccomandano di stare attenti alle foglie di ortica.
Casualmente qualche giorno prima avevo letto le pagine di Cuore di tenebra di Joseph Conrad in cui veniva descritta la foresta del Congo, mi sembrava che quelle parole avessero preso vita: il caldo umido non c’era, ma i colori e quelle sensazioni di piacere e paura allo stesso tempo si. Più camminavo, più riflettevo.
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Pordenonelegge: dalla satira ai sentimenti – Irene Dal Bò

pordenonelegge2Dal 18 al 22 si è tenuto Pordenone legge, giornate in cui il protagonista assoluto è il libro. In centro si sono svolti vari incontri e anche il Leomajor ha dato il suo contributo a questa manifestazione.
Durante la prima mattinata infatti si è tenuto “Racconti in classe”: i due vincitori, Alessandro Cortez e Marta Zerio che l’anno scorso erano rispettivamente di terza media e quinta ginnasio, hanno scritto due racconti diversi nonostante avessero lo stesso input. Il primo infatti ha narrato di un alieno, mentre la seconda ha usato la bicicletta in modo metaforico paragonandola alla vita.
La consegna del premio Dedalus, che si è svolto in seguito a questo incontro, si basa su opere giudicate significative che spesso in Italia non sono riconosciute come dovuto, ne fa una selezione e premia i migliori. Ad esempio è stato il primo a riconoscere il libro Gomorra di Saviano. Il fine di questo progetto è quello di difendere i libri che dureranno nel tempo e non i “primi in classifica” che spesso sono successi momentanei. Protagonisti di questa edizione sono stati: Valerio Magrelli, il cui romanzo parla del rapporto difficile tra padre e figlio che non è mai così semplice e lineare; Cristina Alziati, che ha scritto molte poesie nate da un’esperienza personale molto dolorosa e il cui libro pone molte domande forti; Daniele Giglioli, che si è interrogato sul perché una generazione, che non ha subito traumi come quello di una guerra, ne va alla ricerca per avere qualcosa di interessante da raccontare.
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Giovani, cultura ed insegnamenti – Lisa Piccolo

pordenonelegge1Nei giorni 18, 19 e 20 settembre noi della VEg ci siamo recati a pordenonelegge, un’importante manifestazione che si svolge annualmente e che ha come protagonisti noti scrittori italiani, invitando però anche noi cittadini ad un piacevole incontro con la cultura. Durante la mattinata di mercoledì siamo andati all’Auditorium Vendramini di Pordenone, dove abbiamo potuto assistere alla presentazione del volume del concorso “Racconti in classe”. Questo concorso prevedeva che studenti di terza media e seconda superiore usassero la loro fantasia ed immaginazione con lo scopo di creare un racconto nel quale ci fosse una frase valida per tutti i partecipanti. La parte di uno dei racconti vincitori che mi è piaciuta di più diceva:” Quando si cade si rompe l’equilibrio tra vita reale e destino.” Mi ha colpita molto, poiché esprime qualcosa che mi riguarda personalmente: spesso infatti mi capita di cadere e non sapere più da che parte prendere in mano la mia vita, così ascoltando questa frase ho provato un certo senso di conforto misto ad una sorta di paura.
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