Cosa leggono i prof: Roberto Cescon

Me l’avevano regalato a Natale, ma non l’avevo ancora letto perché ogni volta ho paura di consumare troppo presto il piacere di leggere David Foster Wallace. Vinta questa paradossale indecisione, qualche settimana fa l’ho divorato in poche ore.

Se a qualcuno piacciono il tennis e Federer, questo libro fa per lui.

L’inizio è magnifico: quasi tutti gli appassionati di tennis che seguono il circuito maschile in televisione, da qualche anno a questa parte hanno avuto modo di sperimentare quelli che si potrebbero definire Momenti Federer. Sono gli attimi in cui, mentre guardi il giovane svizzero in azione, ti cade la mascella, strabuzzi gli occhi ed emetti suoni che fanno accorrere la tua consorte dalla stanza accanto per controllare che tutto sia a posto.

(Segue una incredibile descrizione di un punto della finale Federer-Agassi agli U.S. Open del 2005).

Roger Federer come esperienza religiosa (Casagrande, 2010) è un breve saggio (non voglio scrivere “saggio breve”) di Wallace, inviato dal New York Times a Wimbledon nel 2006.

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Cosa leggono i prof: Claudio Tondo

Può un filosofo (un tempo postmoderno e per giunta maschio) dare consigli pratici alle lettrici di Donna Moderna? È quanto cerca di fare Maurizio Ferraris nella rubrica “I ritmi della mente”. Ora quei brevi articoli sono stati raccolti e pubblicati in volume secondo un ordine alfabetico: insomma, un dizionario tascabile, dalla A di Anima alla W di Web, passando per Armadio, Cinema, Disordine, Impiccione, Pantofolaio, Riposo, Stress, Shopping, Vicini (di ombrellone)… Naturalmente ci sono i lemmi Corteggiatori, Figli, Innamorarsi, Marito, Matrimonio, Sentimenti, Sex (and the City), Sole (dormire da)”… e Vero (amore).

È proprio vero, quando tutti gli esperti sono a corto di idee, quando, come dice Franco Battiato, il “vuoto di senso” e “il senso di vuoto” o, più prosaicamente, i mille contrattempi dell’esistenza non trovano soluzione, non rimane altro, come ultima e disperata chance, che rivolgersi ai filosofi. I quali, vanitosi come sono e sempre alla ricerca di leggerezza (verrebbe da dire, “femminile”), non si tirano indietro. Come fa da tempo, ad esempio, Umberto Galimberti, altro filosofo (e psicoanalista junghiano), in una fortunata rubrica su D, magazine di Repubblica.

Rilevanza filosofica per le lettrici e per il lettori? Perché, si sa, i rotocalchi femminili sono letti, magari simulando indifferenza, anche dagli uomini (mentre raramente accade il contrario). Direi poca. I consigli di Ferraris o sono troppo astratti (e dunque inapplicabili) ai casi concreti della vita, o troppo banali. Ma per questo non serve un filosofo, basta accendere la Tv e ascoltare a caso; oppure leggere le altre pagine della stessa rivista.

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Cosa leggono i prof: Augusta Calderan

Il libro di cui vi voglio parlare è Una nuova terra, traduzione dell’originale Unaccustomed Earth di Jhumpa Lahiri. Probabilmente alcuni di voi hanno letto il suo romanzo L’Omonimo, ma molti di più avranno visto la trasposizione cinematografica, The Namesake.

L’autrice, inglese di nascita ma cittadina americana, proviene da una famiglia bengalese originaria di Calcutta e appartenente alla diaspora di accademici del subcontinente che, anche dopo il 1947, anno dell’indipendenza di India e Pakistan, hanno continuato ad avere come punto di riferimento per i loro studi e per la carriera universitaria il Regno Unito, spostandosi magari in seguito negli Stati Uniti. Lì, esattamente nell’esclusiva Rhode Island, Jhumpa Lahiri è cresciuta.

In realtà il suo vero nome è Nilanjana Sudeshna ma le sue maestre avevano un po’ di difficoltà a pronunciarlo, quindi optarono per Jhumpa, e lei non aveva nulla in contrario a questo nuovo appellativo. Infatti, come molti bambini stranieri, provava un certo imbarazzo ad avere un nome così poco comune sul quale gli altri inciampavano di continuo. Ora Jhumpa che nel frattempo si ha vinto un premio Pulitzer, vive a Brooklyn con il marito, di origine sudamericana, e i due figli. Continua a leggere

Cosa leggono i prof: Giulia Bozzola

Non sono un critico letterario, e so bene che l’ultimo romanzo di Jonathan Franzen è stato salutato da molti come una meraviglia, eppure c’è in “Freedom” qualcosa che non mi convince, quantomeno nella definizione di capolavoro, dove è implicito un valore perenne ed universale che, sarà limite mio, francamente stento a vedere.

Ecco quindi i tanto attesi Berglund. Non è facile parlare di loro, perché facile non è nemmeno l’ambizioso obiettivo che Franzen si è proposto, quello di rappresentare in un grande e complicato affresco l’America degli anni 2000, con tutte le sue contraddizioni e i suoi naufragi, politici e non. Patty e Walter (i Berglund, appunto)  provengono da famiglie borghesi,  frequentano il college (siamo agli inizi degli anni ottanta) si sposano, hanno due figli e vivono a St Paul, un gentrified neighborhood che serve all’uopo di un’ambientazione totalmente, esclusivamente borghese (siamo negli anni novanta), vivono periodi profondamente travagliati, fatti di tradimenti, depressioni, illusioni (siamo al giro di secolo), fino ad arrivare ad una rottura che pare definitiva e ad una finale, inaspettata (?) riappacificazione  (e siamo ai giorni nostri).

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Cosa leggono i prof/webmaster: Marco Durigon

In tempi in cui le “escort” sono protagoniste della cronaca e della politica, mi è capitato fra le mani un libro che parla di prostitute. L’autore è Michel Faber e poichè trattasi di personaggio piuttosto originale, spendo due righe per presentarvelo. Cinquant’anni, nato in Olanda, cresciuto a Melbourne sempre sulla soglia della povertà (pare non avesse i soldi per comprarsi una macchina da scrivere o per spedire le bozze dei suoi racconti agli editori), prima del successo letterario ha lavorato come imballatore, addetto alle pulizie, infermiere, cavia per le ricerche mediche (sic!). Attualmente vive con la moglie in una vecchia stazione abbandonata nel Nord della Scozia, senza telefono, senza tv, senza contatti con il mondo. Ha impiegato 22 anni per scrivere e pubblicare il libro di cui vi parlerò.

Primo avvertimento: sono quasi mille pagine e quindi per affrontarlo dovete essere per lo meno ben disposti alla lettura.

Secondo avvertimento: i pudìchi come il sottoscritto saranno un po’ “disturbati” dalla presenza di qualche scena di sesso che non lascia davvero nulla all’immaginazione; è vero che, parlando di prostitute, era praticamente inevitabile, tuttavia alcune minuziose descrizioni sembrano francamente un po’ eccessive e corrono il forte rischio della volgarità. I giornalisti del “Time” hanno definito il libro “meglio del sesso”. Davvero esagerati.

Fine degli avvertimenti. Partiamo dall’inizio: <<Attento. Tieni la testa a posto: ti servirà. La città in cui ti conduco è vasta e intricata, e tu non ci sei mai stato prima. Puoi immaginare, da altre storie che hai letto, di conoscerla bene, ma quelle storie ti hanno illuso, accogliendoti come un amico, trattandoti come se fossi uno del posto. La verità è che tu sei un alieno, in tutto e per tutto, arrivato da un altro tempo e da un altro luogo.Quando ho catturato il tuo sguardo la prima volta e tu hai deciso di seguirmi, probabilmente pensavi di arrivare qui e sentirti a casa. Ma adesso ci sei davvero, in quest’aria fredda, tagliente, trascinato nell’oscurità più nera, e inciampi su un terreno accidentato, senza riconoscere nulla. Scrutando a destra e a sinistra, strizzando gli occhi contro il vento gelido, ti accorgi di aver imboccato una strada sconosciuta di case buie piene di gente sconosciuta>>.

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Cosa leggono i prof – Alessandro Cozzarini

Vi volevo raccontare delle letture della scorsa estate. Non che dopo non abbia letto niente, ma forse  niente di significativo da segnalarvi.

Insomma, tutto prende spunto da Internet, da una serie di articoli sulla matematica trovati sul New York Times (che trovate ancora se fate una ricerca sul sito del NYT con il titolo di “Steven Strogatz on the Elements of Math”). In uno di questi, la bibliografia segnalava due libri: uno sull’insegnamento della matematica (A mathematician’s Lament, di Paul Lockhart, purtroppo solo in inglese), una lettura da fare per tutti i docenti di matematica. Tesi: la scuola sta distruggendo nella mente dei ragazzi una delle piu’ belle conquiste della ragione umana, soffocandola di esercizi e problemini insulsi.

L’altro un romanzo di una scrittrice giapponese Yoko Ogawa, La Formula del professore, Il Saggiatore. Intanto il titolo c’entra poco, non c’è nessuna formula, quindi non fatevi spaventare, la matematica fa solo da sfondo, da contorno per una bella storia, sul rapporto tra un vecchio professore di matematica e la sua governante. Il professore è affetto da una rara patologia che resetta la sua memoria ogni 80 minuti, e lo costringe a ricoprirsi di bigliettini in cui annotare il nome delle persone che si prendono cura di lui, e ciò che vuole “ricordare”. È come se la sua vita ripartisse da zero ogni ora e mezza. La governante ha un figlio, a cui lui dà il soprannome di “root”, radice, per la forma della sua testa (un po’ piatta, immaginiamo…), che condivide con il professore la passione per il baseball, e al quale ogni tanto spiega qualcosa della matematica.

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Cosa leggono i prof: Giulia Bozzola

Possono delle esistenze assolutamente “ordinarie”  (lui macellaio, lei casalinga) costituire l’ossatura di un quasi-romanzo? Alan Bennett ripercorre gli anni della giovinezza accanto ai genitori e trasforma la sua e la loro vita, prima a Leeds e poi in un minuscolo villaggio del Dales, in una narrazione che, se non può essere avvincente, ha però l’indiscutibile capacità di scavare tra le pieghe di una banale quotidianità con arguzia ed insieme con un infinito senso di tristezza. La parola d’ordine di mamma Lilian, alla disperata ricerca di una raffinatezza che non troverà mai, è “ordinario”. Ordinari sono i capelli troppo corti di papà, le tende di una casa, i mobili bar, i tatuaggi, le porte dipinte di rosso. Continua a leggere