Tahar Ben Jelloun risponde alle domande dei ragazzi

Giovedì pomeriggio Tahar Ben Jelloun, l’ospite di Dedica di quest’anno, ha risposto alle domande degli alunni partecipanti al festival (provenienti da 44 scuole di tutta la provincia).
L’incontro, tenutosi al teatro Verdi dalle 15:30 in poi, è durato circa un’ora.
L’autore ha risposto a domande d’approfondimento sui suoi libri, sul suo ruolo di scrittore. Ha anche dato la sua opinione su questioni di attualità legate al razzismo. Per esempio, è stato chiesto il parere dell’autore sulle prossime elezioni del parlamento europeo, che, per il momento, sembrano favorire la destra. In proposito, l’autore ci ha dato la sua visione: in Francia, le forze di destra fanno leva sulla paura e sulla disinformazione del popolo per alimentare l’antagonismo verso l’immigrazione, senza, però, dare argomentazioni valide dal punto di vista economico.
Più in generale, Ben Jelloun ha puntualizzato l’insensatezza del razzismo: poiché la razza umana è, scientificamente, una sola, non ha senso parlare di razza nera e bianca. È facile riconoscere che questa distinzione, anche se è così ben consolidata nell’opinione comune, è pretestuosa e infondata! Tutto perchè le persone, troppo spesso, si basano sul sentito dire e non prendono il razzismo come una cosa seria. Ma non bisogna dimenticare, ha ricordato Ben Jelloun, che questo fenomeno inizia con gli insulti e può finire con lo sterminio di intere popolazioni.
Come fare, dunque, a contrastarlo? Le iniziative scolastiche, come quella di abituare i bambini a classi sempre più multiculturali, non sono solo semplici slogan e vanno appoggiate. Poi, bisogna leggere tanto, per mantenere una mentalità aperta e per dare un fondamento alle proprie opinioni. Infine, è buona cosa essere sempre genuinamente curiosi del mondo e non cedere alla facilità dei pregiudizi – che sono pronti per ogni situazione, ma sono fuorvianti e pericolosi.

Stasera alle 20:10 Tahar Ben Jelloun sarà ospite a Che tempo che fa (Rai 1).

“Stiamo formando persone che non vogliono pensare, vogliono solo un lavoro”

internazionaleQueste le parole del Nobel James Watson, che aggiunge: “invece di cercare di sfornare più scienziati o ingegneri, dovremmo concentrarci sulla formazione di menti agili“. [L’articolo]

 

 

 

 

 

Dall’ultimo numero di Internazionale, un interessante spunto di riflessione.

 

Claudia Vanelli

“Il latino è inutile…”

LatinoVorrei condividere queste righe di Seneca, tratte dalla Consolatio ad Marciam, che ho appena letto dal libro di letteratura latina. Seneca consola una donna che non si rassegna alla morte del figlio e vuole muovere una riflessione sul tema del suicidio e della morte.
Trovo la saggezza di Seneca rassicurante. Soprattutto quando tratta di temi così importanti che la loro mole sovrasta totalmente una diciottenne come me, che ancora non sa niente della vita. Ma proprio per la difficoltà di certi argomenti, trovo utile leggere ciò che ne pensano i grandi filosofi, che su di essi hanno meditato a lungo.
Pubblico questo brano perché, giunta ormai all’ultimo anno, mi sono resa conto che una parte enorme di ciò che ho studiato negli scorsi l’ho rimossa e trovo ciò immensamente triste. In molte opere camuffate da libri di scuola c’è una straordinaria bellezza e una straordinaria utilità che spessissimo ignoriamo.

“Che cosa, dunque, ti addolora, Marcia? Il fatto che tuo figlio è morto o il fatto che non è vissuto a lungo? Se è il fatto che è morto: allora avresti dovuto piangere sempre, perché hai sempre saputo che doveva morire.
Pensa che il morto non prova alcun male, che sono solo leggende quelle che ci rendono terribile l’aldilà; nessuna tenebra circonda i morti, nessun carcere, nessun fiume di fuoco, nessun fiume Lete, e non ci sono tribunali, e accusati, e tiranni in quella libertà così completa: sono i poeti che hanno inventato tutto questo e ci hanno spaventato con paure senza senso.
La morte è la liberazione da tutti i dolori, il termine oltre il quale i nostri mali non possono andare; essa ci riporta alla tranquillità, in cui eravamo prima di nascere. Se si ha compassione dei morti, si deve avere compassione anche di chi non è nato.
La morte non è né un bene né un male. Infatti può essere bene o male solo ciò che non è qualcosa: ma ciò che non è nulla in sé, e tutto riduce al nulla, non può procurarci nessuna conseguenza: i mali e i beni operano su una materia. […]
Una pace grande e eterna lo ha accolto [suo figlio]. Non è più tormentato dal timore della povertà, dalla preoccupazione della ricchezza, dagli stimoli della passione che, col piacere, rovina l’animo; non è più tocco dall’invidia per la fortuna altrui, […] Non vede catastrofi pubbliche o rovine private. Non è più preoccupato dal futuro, legato a un risultato che promette cose sempre più incerte. Infine è una posizione, da cui nulla può scacciarlo e dove nulla lo può spaventare. […] La morte scioglie dalla schiavitù anche contro il volere del padrone; essa allenta le catene dei prigionieri, fa uscire dal carcere chi ne era impedito da un potere tirannico, […].”

Ci tengo a precisare che il mio non è un invito al suicidio. Ho pensato che questo brano potesse essere utile a coloro che hanno subito una grave perdita e non riescono a farsene una ragione, perché  il loro pensiero fisso è un aldilà che non ci è possibile conoscere. D’altronde, l’intento principale di Seneca era di invitare Marcia a reagire con forza d’animo ad un lutto familiare, proponendole una visione dei fatti che non la facesse soffrire e le permettesse di continuare a vivere serenamente il resto dei suoi giorni.

Claudia Vanelli

Kierkegaard entra dal gelataio…

Per sapere cosa dicono Aristotele, Hegel, Kierkegaard, Leopardi (e molti altri) quando entrano dal gelataio…

http://www.lucianogiustini.org/blog/archives/2011/05/kierkegaard_entra_dal_gelataio.shtml

(Dal blog di Luciano Giustini)

Kierkegaard_portrait

 
Claudia Vanelli

Come scrivere un Curriculum Vitae?

Punto d'incontro 

Ce lo spiega “Punto di Incontro“, la manifestazione che si presenta come punto di riferimento per giovani appena diplomati o laureati e adulti di tutto il Nordest che vogliono informarsi sul mondo del lavoro.

L’edizione 2013, tenutasi presso la fiera di Pordenone il 7 e l’8 Novembre, ha ospitato diversi workshop, promossi da enti pubblici, aziende, università o ordini professionali.

Il laboratorio su come si compila un buon Curriculum Vitae è stato proposto più volte, a sottolineare l’importanza di questa fatale operazione quando si cerca un lavoro.

A tenere la conferenza è stato un addetto alle risorse umane (ovvero coloro che si occupano del reclutamento del personale) della filiale triestina della Wartsila, multinazionale produttrice di motori navali. Possiamo sintetizzare così consigli che ha dato:

  1. Personalizza il curriculum in base ai tuoi punti di forza: menziona prima la formazione se hai poche esperienze lavorative; non citare i voti scolastici se non sono buoni; ordina le tue esperienze partendo dalla più significativa o dalla più recente, e così via.

  2. Personalizza il curriculum in base alla posizione che cerchi di volta in volta: focalizzati sulle tue competenze che possono essere utili a quell’azienda.

  3. Dai sistematicità distinguendo le voci (un esempio di struttura può essere: Informazioni personali, posizione ricercata, esperienze lavorative, istruzione e formazione, lingue straniere, competenze, hobby e interessi – purché rilevanti).

  4. Sii sintetico: tralascia i dettagli minimi (non devi scrivere tutto), parla in prima persona, fai frasi brevi e chiare, in modo da non superare i 2 fogli. Chi leggerà il tuo curriculum non ci impiegherà più di 30 secondi; inoltre, avrai modo di spiegare i dettagli durante l’eventuale colloquio.

  5. Tirocini e stage, esperienze all’estero, conoscenza delle lingue straniere, esperienze di team, anche sportive e di contatto con le persone (es. l’aver fatto l’angelo di Pordenonelegge) sono, mediamente, peculiarità molto ricercate e apprezzate.

  6. Non mentire, soprattutto all’inizio.

  7. Dimostra che ti sei impegnato nel compilarlo e nel curare i dettagli (graditi la firma, l’autorizzazione al trattamento di dati personali, il numero delle pagine in calce, il nome a caratteri grandi, la foto – purché sia professionale; non graditi troppi fronzoli ed errori grammaticali).

  8. Infine, non assillare il futuro datore di lavoro con continue telefonate per sapere se il Curriculum è arrivato (normalmente, l’azienda invia una risposta).

Sono da evitare i modelli pre-strutturati di Curriculum, tipo quelli che si trovano in Internet: appiattiscono la tua personalità e non si adattano all’incarico che cerchi. Il tuo obiettivo, invece, è quello di risultare un’opportunità preziosa per chi ti può assumere e, quindi, di distinguerti!

Buona fortuna!

Claudia Vanelli

Dieci (e più) domande a Carla Manzon

Carla ManzonSiamo nel chiostro della biblioteca. I raggi smorzati del pomeriggio e un po’ di brezza danno sollievo a studenti trasognati che un po’ sfogliano appunti, un po’ parlano già del mare. C’è un’atmosfera flemmatica, serena. Devo lottare con il registratore del cellulare e devo chiedere a Carla di ripetermi la prima risposta. Un ampio sorriso, però, mi lascia intendere che non c’è fretta.

Chi o che cosa ti ha fatto capire di voler fare l’attrice?

Non c’è stato un qualcosa che mi ha fatto decidere di voler fare l’attrice. Ho cominciato per sbaglio, per caso, perché un giorno ho visto una locandina Pro Pordenone con su scritto “corso di teatro” – parlo del 1975, troppi anni fa –. Arrivata a casa, da buona adolescente poco inquieta, non avevo voglia di fare niente e allora ho detto: “Boh, provo”. Mia madre era d’accordo, così quella sera sono capitata in questa sede dove c’erano dei matti che facevano versi strani, una tipa faceva il pappagallo su una sedia… Ho pensato: “Mamma mia, dove sono capitata!”. Tornata a casa, ho giurato a mia madre che non ci sarei più andata, lei però ha insistito. La seconda volta c’è stato il colpo di fulmine e da lì non ho più voluto smettere di fare teatro: è stato come trovare l’uomo della mia vita.

Controllo che il cellulare non mi abbia tradita di nuovo. No, per fortuna. Seconda domanda.

Ispirazione: dove la trai, da chi, e quanto è importante nel tuo mestiere?

L’ispirazione? – ci pensa un momento ma poi la voce è sicura – È importantissima. Nel lavoro dell’attore è una specie di folgorazione in cui vedi il personaggio come un ologramma che si muove davanti a te – una specie di spirito shakespeariano, un’anima. Oppure nasce dallo studio approfondito dell’autore e del periodo storico. In quel caso è proprio un tarlo più che uno studio: un tormento, un lavorio continuo della mente e anche del corpo – qui sorride – A me è capitato tante volte di seguire delle persone per strada che secondo me avevano le caratteristiche giuste per interpretare un personaggio. Eh sì, tante volte arriva anche dall’osservazione della gente. È un lato affascinante del nostro lavoro.

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