L’anatomia degli eroi e la funzione della letteratura: riflessioni della IIAc sull’opera di Javier Cercas

Su “invito” della prof. Tramontin, gli studenti della IIAC hanno letto alcuni testi dell’autore spagnolo Javier Cercas che è stato ospite di Pordenone e del Dedica festival a marzo 2013.
Tra i libri selezionati, oltre a Soldati di Salamina, il “racconto reale” più famoso di Cercas, sono stati letti Anatomia di un istante, La verità di Agamennone e Il nuovo inquilino.
Quali riflessioni sono emerse? Alcune di esse sono riportate nelle recensioni e nelle immagini che alleghiamo. La “copertina” di Mattia Pegolo e la recensione di Veronica Pol sono state premiate in occasione del concorso “Parole e Immagini per Javier Cercas”.

Originale

Il nuovo inquilino: la normalità dell’inquietudine

IlnuovoinqulinoMisterioso, coinvolgente e un po’ inquietante: questo è Il nuovo inquilino, breve romanzo di Javier Cercas, professore e scrittore spagnolo, divenuto celebre grazie al romanzo storico Soldati di Salamina.
Il nuovo inquilino è un libro che lascia spazio a svariate interpretazioni. Mario Rota, protagonista del romanzo, è professore di fonologia all’Università del Midwest. Una domenica apparentemente come le altre, durante la sua abituale corsa mattutina, si storce una caviglia facendo così precipitare vertiginosamente la situazione: egli viene proiettato in uno stato di turbamento e di confusione che lo accompagna sino al momento della sua guarigione, alla fine della settimana. In questa settimana surreale, in cui la sua vita gira al contrario, Mario deve salvaguardare la sua identità che pare sul punto di essere soffiata via da Daniel Berkowickz, il nuovo inquilino, anch’egli rinomato professore di fonologia, un personaggio noto, ammirato dall’intera Università del Midwest, che cattura le attenzioni di tutti, così da rubare a Mario il posto di lavoro, la fidanzata, gli amici, la vita. Daniel Berkowickz in poche ore diventa l’incubo peggiore del nostro protagonista, è una sorta di Mario Rota migliorato: più intelligente, più attraente, più organizzato, più simpatico.
Varie sono le tematiche proposte, citiamo ad esempio quella del doppio, che consiste nella congruenza di queste due personalità, una delle quali è di gran lunga migliore dell’altra e quindi la rimpiazza velocemente. Gli effetti dell’arrivo di questa nuova personalità sono sconvolgenti per Mario, che si vede spiazzato in ogni campo e si sente completamente abbandonato a sé stesso. Tuttavia questa non è una tematica nuova: soggetto per romanzieri, artisti, autori di teatro, questo argomento ha da sempre esercitato un grande fascino, forse proprio per quell’alone di “realtà” che si cela dietro ad ogni improbabile storia. Cercas lo ripropone leganndosi ad un lungo filone che ha origini nell’antichità. Già nella letteratura dell’epoca classica infatti è presente questo tema, utilizzato soprattutto come espediente per creare situazioni comiche nel caso delle opere di Plauto Menecmi e Anfitrione, in cui i personaggi si trovano in spiacevoli situazione per colpa di un loro sosia o gemello; anche Ovidio si avvale di questa tematica in una delle sue opere più importanti, le Metamorfosi. Ne ritroviamo molti esempi anche nella letteratura inglese più recente: Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson è un esempio calzante poiché anche qui uno stesso corpo ospita più personalità, e pure Dorian Gray di Oscar Wilde o Il visconte dimezzato di Italo Calvino rientrano in questa categoria. Perfino Shakespeare impernia un’intera tragedia sul tema dell’identificazione con l’altro in Lady Macbeth.
Il nuovo inquilino si differenzia però da tutti gli altri che lo precedono: è un racconto che si tinge di noir pagina dopo pagina, incrementando la suspence fino a raggiungere con il finale l’apice del surrealismo in quanto tutto d’un tratto l’inquietante figura di Daniel Berkowickz, così rapidamente come era arrivata, scompare e anzi, pare non essere mai esistita. Un finale a sorpresa piuttosto intrigante che lascia i lettori perplessi ma allo stesso tempo liberi di attribuire al testo il senso che maggiormente ritengono opportuno.
Importante si rivela la ripetizione di frasi, di fatti e di situazioni, che accrescono l’inquietudine generale che permea tutto il romanzo.
Lo stile adottato dallo scrittore si rivela scorrevole e conciso, prevalgono un periodare  semplice e delle frasi piuttosto brevi che ancora una volta sono la conferma della sua vena realista e della sua scrittura sorvegliata.
Insomma, anche nella vita più banale, ci dice l’autore, può annidarsi la complessità del mondo.

Veronica Pol, IIAc, Liceo “Leopardi-Majorana”, Pordenone.

“Mussolini ha scritto anche poesie, i poeti che strane creature, ogni volta che parlano è una truffa” (Francesco De Gregori, Le storie di ieri)

soldati_salamina“La vita, la sventura, l’isolamento, l’abbandono, la povertà, sono campi di battaglia che hanno i loro eroi, eroi oscuri a volte più grandi degli eroi illustri.” Anche Victor Hugo la pensava come Javier Cercas, autore e protagonista del libro “Soldati di Salamina”. Osservando la cornice del romanzo-reportage, crediamo di trovarci di fronte a uno dei tanti trattati sulla guerra civile spagnola; ma, ad animare il quadro, sono personaggi di cui non siamo abituati a sentir parlare. Eroi sconosciuti, che muoiono nell’ombra di squallidi ospizi.
Il giornalista Sanchez-Mazas, ideologo fascista e fondatore della Falange, sfugge ad una fucilazione di massa; tentando di nascondersi in un bosco nei pressi del Collell, viene scovato da un soldato Repubblicano che, inaspettatamente, lo risparmia. E’ questa la storia che affascina il narratore a tal punto da spingerlo ad una ricerca sfrenata su Mazas e sul suo salvatore. Ma c’è di più.
Inizialmente, la ricerca induce il lettore ad interessarsi, incuriosito, della personalità di Sanchez-Mazas, sfuggente e misteriosa; ma, procedendo nell’indagine, ci si accorge di quanto i personaggi che sono all’apparenza insignificanti e che sono oscurati dalla sua fama acquistino d’importanza. Emerge, quindi, che i veri eroi di questa storia sono i partigiani che l’hanno aiutato, i soldati con cui ha affrontato il carcere e, paradossalmente, i suoi stessi rivali. E’ l’esempio degli “amici del bosco”, ma ancor più di Miralles, un veterano semisconosciuto che ha combattuto molte guerre non sue, e che il narratore associa al miliziano repubblicano. Proprio questo capovolgimento determina l’originalità dell’opera: Cercas inizia il suo romanzo con un’ indagine su un tragico episodio storico, ma poi capisce che la priorità degli argomenti è un’altra. Non conta più risolvere il mistero del miliziano, conta comprendere l’essenza di un vero eroe, conta conferirgli importanza, dare voce a dei soldati di guerra altrimenti sconosciuti.
Il lettore è stuzzicato continuamente a riflessioni tanto profonde quanto diverse tra loro, che spaziano dall’importanza dei poeti nel fomentare  una rivolta, alla guerra, troppo vasta per rendere giustizia agli uomini comuni. Lo scopo finale del libro, quindi, si arricchisce attraverso ragionamenti oggettivi e ben argomentati e ci induce a porre l’attenzione su tutti quegli aspetti della storia che i libri trascurano, che l’opinione comune lascia nell’oblio.
Infine, a rendere incalzante questo romanzo è senz’altro l’espediente narrativo con cui l’autore si crea un alter ego giornalista, le cui vicende si mescolano con quelle dei protagonisti di cui va a parlare.  Ma qui si entra in un altro campo, quello della “narrazione” che riflette su se stessa e che non vuole darci certezze.
La verità è la verità, che la dica Agamennone o il guardiano dei porci.
Agamennone: Sono d’accordo.
Il guardiano dei porci: Non mi convince.

Alice Morassutto e Claudia Vanelli, IIAc, Liceo “Leopardi-Majorana”, Pordenone.

“Io conosco la verità!” “Anche io!” “E io pure!”

Cercas_La-verità-di-AgamennoneNon sappiamo quale sia la verità, eppure la cerchiamo. Scegliamo quella che più ci fa comodo o, senza tener conto di nulla, ci fidiamo ciecamente di chi dovrebbe avere una risposta, sperando che sia quella universale. Ma siamo tutti condizionati e condizionabili. Le opinioni, come le verità, sono soggettive: ne esistono tante e diverse, come ognuno di noi. È questo il messaggio che l’autore spagnolo Javier Cercas (conosciuto per testi quali “Soldati di Salamina” e “Anatomia di un istante”) ci vuole trasmettere in “La verità di Agamennone”: una raccolta di saggi, articoli e racconti biografici, che spaziano dal campo politico a quello filosofico e all’attualità.
Scritta con uno stile scorrevole, ma non sempre facile da seguire, la raccolta si presenta in maniera molto intrigante, incuriosendoci da subito per la copertina: un uomo con in mano un ombrello a rovescio come se ci volesse dire “Chi ha detto che l’ombrello non debba esser usato in questo modo anche quando non piove?”
L’autore si propone comunque non come colui che possiede tutte le verità, ma come la persona che mette in dubbio tutte quelle già esistenti. I racconti e gli articoli presenti sono piccole perle filosofiche o aneddoti autobiografici già editi in altre riviste e alcuni di questi hanno destato molto scalpore. Cercas si dimostra quindi capace di raccogliere idee, pensieri e riflessioni che poi il lettore è libero di interpretare e rielaborare.
Tuttavia non pensiamo che l’autore sia stato capace di definire esattamente la raccolta. A differenza di un romanzo-reportage come “Soldati di Salamina”, in cui viene raccontata una storia più o meno romanzata, ne “La verità di Agamennone” è tutto un po’ sospeso. Tanti racconti divisi in più sezioni che però, da sole, danno l’idea del vago. Manca un filo conduttore che guidi la lettura, poiché, quando sembra di averlo trovato, subito si spezza.
Innegabile è l’abilità di Cercas anche in questo se vogliamo, ma a noi è apparso più come un pallido tentativo di libro, un insieme di bozzetti, dei piccoli capolavori ancora da sviluppare.

Irene Rosset e Giulia Chiarotto, IIAc, Liceo “Leopardi-Majorana”, Pordenone

Il piombo e il bronzo. Riflessioni su “Soldati di Salamina” di Javier Cercas   

cercas-soldati-di-salamina-250La storia è sempre stata scritta dai vincitori che la rendono tale da apparire necessariamente “ buoni”: è sempre stato così, e così sempre sarà. E se la vediamo dal punto di vista dei perdenti, come cambiano le cose?
Questa è stata la domanda che si è posto Cercas scrivendo, non senza tenersi ben lontano da ogni revisionismo, Soldati di Salamina, un libro sulla storia di Sanchez Mazas, l’ideologo della Falange Spagnola. O meglio, un libro sulla scrittura di un libro sulla storia di Sanchez Mazas: l’ autore, infatti, si inventa detective del passato e nel libro racconta una sua ipotetica ricerca, fatta di letture, biblioteche ma soprattutto persone, dialoghi, volti e nomi, per mettere nero su bianco la storia di questo personaggio. Ma perché proprio lui? Per la sua storia e tutti i quesiti che essa si porta dietro. Mazas, infatti, era stato un prigioniero delle milizie internazionali e, vicino alla fucilazione, riuscì a scappare per poi imbattersi in un miliziano, che però lo lasciò andare. Come riuscì a scappare alla fucilazione? Perché il miliziano lo lasciò andare? Come fece a salvarsi dagli altri miliziani, solo e in territorio ostile com’era? Queste sono le domande che spingono Cercas nella ricerca, che però poi lo porta ad un’ altra domanda: chi è stato a salvarlo? Ed ecco che questo diventa il punto clou del libro. La ricerca lo porta fino a Miralles, un ex miliziano che, oltre ad essere stato un carceriere nel luogo dov’era prigioniero Mazas, ha avuto una storia a dir poco rocambolesca, fatta di battaglioni di sei persone che dopo aver attraversato in ogni direzione il deserto africano si unirono in più di mille agli inglesi per combattere contro l’ Asse. Ma c’è un problema: Miralles è inavvicinabile. Al telefono risponde male ed evita le domande che gli vengono poste dal protagonista, a tal punto da costringerlo a raggiungerlo nell’ospizio dove alberga, solo e in tranquillità. Per Miralles, parlare di tutti gli  amici che gli sono morti accanto è come riaprire una  grandissima ferita, e per questo ha scelto di rifugiarsi nell’oblio, non inteso come dimenticanza  ma come volontà di essere dimenticato, come i tantissimi soldati non-morti di ogni guerra. Ed è questa la differenza fra Mazas e Miralles: Mazas parla, ricorda, ripete come un pappagallo la storia della sua mancata fucilazione, vedendo in essa chissà quali meriti, mentre Miralles cerca di nascondersi come polvere sotto il tappeto, volendo essere dimenticato come tutti gli altri. Ed ecco che si capisce, in ogni suo singolo termine, la frase più ricorrente del libro, “è sempre stato un plotone di soldati a salvare la civiltà”. Perché di soldati, e non di eroi? Perché la guerra non la combattono i Pelidi e i Laerziadi, ma tanti, tantissimi Tersiti, senza faccia, senza moglie e senza storia, tanto sicuri quanto rassegnati che nessuno si ricorderà di loro e proprio per questo così pronti a scannarsi combattendo, che sia contro l’ Asse o contro Serse, in quella che fu la battaglia di Salamina, che accadde in un passato lontanissimo, quasi quanto quello che vediamo negli spezzoni del Luce ripresi nei documentari proiettati sui nostri televisori in 16:9. Un passato molto più vicino a noi di quanto ci sembri e nonostante ciò quasi contemporaneo a Salamina, in quanto tutte le guerre sono state fatte dai pezzenti, mentre i vasi attici o le telecamere ritraevano i vari Hitler, Achille e Stalin, e i proiettili li prendevano gli altri.  Ma questo non è l’ unico aspetto del libro.
Le vicende di Sanchez Mazas, un uomo che segna la storia politica degli anni ’30, un uomo che sfugge alla morte per un motivo che neanche lui conosce, hanno come sfondo la Spagna. Si tratta allora di un viaggio memorabile perché si resta affascinati dallo splendore dei paesaggi dorati sotto il sole caldo dell’estate, dalla irrequietezza e confusione che vive nelle città e dalla bellezza di una terra di tradizioni e di storia. Vengono alla mente la Spagna di altri tempi, la Spagna ai tempi di Colombo, la Spagna di Carlo V, quella malandata ma pur sempre affascinante dei racconti di Cervantes, quella Spagna che nel Novecento è stata vittima indifesa della guerra civile. Proprio di quest’ultimo scenario Cercas offre uno spaccato di storia che vale la pena di ricordare.  La vicenda di Mazas e della sua salvezza sono legate all’enigmatico sorriso del miliziano che racchiude dietro a sé pensieri e turbamenti. Alla ricerca di quest’uomo misterioso, Cercas fa rivivere al lettore i sentimenti di stupore che si presentano allo scrittore ogni volta che viene alla luce un nuovo tassello di quel mosaico affascinante che è il mistero. E, nel momento in cui Cercas incontra Miralles, sembra che la risposta alle sue domande sia vicina più che mai. Il miliziano  sembra portarsi dentro un sentimento profondo, il sogno della sua vita felice (forse assieme a Luz, la donna del camping estivo), o il ricordo commosso dei compagni di guerra, o forse ancora la risposta che Cercas tanto attende da quel “danzatore di pasodoble”. Quando lo scrittore si sta allontanando dalla casa di riposo, Miralles dice qualche parola. Non sapremo mai di che cosa si tratti, ma è bello credere che sia proprio lui il salvatore di Mazas. Il segreto deve rimanere tale perché è il lettore che deve scegliere. Mazas e Miralles non sono solo il frutto di una semplice ricerca, ma sono anche l’occasione per ritrovare e riscoprire se stessi, mettendosi in gioco e puntando a diventare anche noi “quell’eroe che porta sulla schiena la bandiera di tutto il mondo”!

Felice Di Paolo e Federico Lovison, IIAc, Liceo “Leopardi-Majorana”, Pordenone.

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