Il senso dell'elefante“Lorenzo ha una predilezione per gli elefanti. ”Annuì. “Anche io ho una predilezione. Da quando ho letto che si occupano del branco senza badare alla parentela” […] tutti per tutti. Una specie di medico della savana”.
Quale motivo può portare un prete di Rimini, Pietro, ad abbandonare la carriera ecclesiastica per diventare portinaio in un condominio di Milano? Una lettera, ricevuta da una donna con cui ha avuto una relazione anni prima, cambierà la sua vita. Egli, disponibile e affettuoso, instaura con il dottore Luca Martini un legame profondo e speciale. Entrambi condividono il passato che si insinua continuamente nel presente, rendendo la loro realtà complicata e sofferente.
A fare da sfondo alla storia è il condominio di Milano dove tutti gli inquilini si conoscono bene, tratteggiato con toni di quotidianità realistica e vicende surrealmente vicine, poiché in un gruppo così definito di persone accadono tante avventure.
Nel racconto ricorrono frequenti flashback, che chiariscono le diverse vicende intrecciate in modo esaltante e toccante, finché il quadro si completa solo nelle ultime pagine della storia.
Questo romanzo è travolgente, il suo inizio frammentario conduce a vicende sempre più accattivanti e intricate che svelano il vero volto dei personaggi e ogni loro aspetto psicologico. Una trama acutamente costruita con un registro di semplice comprensione.
In qualche parola come descriverebbe il suo romanzo?
È una storia di solitudini che si trovano e di solitudini che trovandosi si risolvono in qualche modo. Come la vita a volte ci porta a risolvere.
Nella sua vita ha mai incontrato qualcuno con il “senso dell’elefante”?
Tante persone, e sono contentissimo di saperle riconoscere. Il senso dell’elefante tanto è potente quanto è silenzioso e nascosto. Riconoscerlo significa avere un codice in comune.
Pensa che la società contemporanea potrebbe essere migliore se ci fosse in ognuno di noi il “senso dell’elefante”?
Perché si andrebbe oltre i legami convenzionali, si vincerebbe la solitudine e si aumenterebbe la libertà di vivere i rapporti non solo convenzionali. Ma va bene che rimanga anche sotterraneo, si rinsalda nel silenzio e comunque rimane attivo.
A suo parere Luca, oltre ad essere un “elefante”, si dimostra anche un “leone”, poiché disposto a tutto per rimanere con sua figlia Sara?
Si trova in quella situazione, non so se sia “leone”, so solo che è un uomo diviso che ha molto coraggio e senso di dignità verso gli uomini. E’ un uomo pieno di misericordia.
Quale dei personaggi, nel racconto, si sente più solo e per quale motivo?
Forse Luca, perché ha in mano varie situazioni in cui non può contare su nessuno. Finché non arriva Pietro. Anche Viola è molto sola, una donna che voleva diventare madre e che lo è diventata a un costo altissimo: essere divisa tra due amori.
I suoi personaggi sono completamente inventati o qualcuno è ispirato a persone che conosce?
Sono quasi tutti veri. E questo dimostra quanto la vita possa essere  molto più potente della fantasia.
I sentimenti e le emozioni provate dai protagonisti sembrano così veri. Anche lei ha provato il desiderio di essere padre, amico, compagno o anche solo confidente di qualcuno con cui non aveva legami?
Sì, assolutamente. Figli di altri, amici miei, persone incontrate casualmente, persone in difficoltà. E poi amo le professioni o gli stati emotivi che portano al senso dell’elefante: medici, infermieri, preti, omosessuali, insegnanti… ci vuole sacrificio e umiltà per mettere in pratica questo sentimento pachidermico.
Perché ha scelto di dedicarsi in particolare ai rapporti tra padri e figli?
Perché è un legame potentissimo e alla continua ricerca. Un filo in continua evoluzione.

Intervista a cura di: Maddalena Tizianel, Giulia Barbui e Cecilia de Ziller.

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