“Mussolini ha scritto anche poesie, i poeti che strane creature, ogni volta che parlano è una truffa” (Fabrizio De Andrè, “Le storie di ieri”)
“La vita, la sventura, l’isolamento, l’abbandono, la povertà, sono campi di battaglia che hanno i loro eroi, eroi oscuri a volte più grandi degli eroi illustri.” Anche Victor Hugo la pensava come Javier Cercas, autore e protagonista del libro “Soldati di Salamina”. Osservando la cornice del romanzo-reportage, crediamo di trovarci di fronte a uno dei tanti trattati sulla guerra civile spagnola; ma, ad animare il quadro, sono personaggi di cui non siamo abituati a sentir parlare. Eroi sconosciuti, che muoiono nell’ombra di squallidi ospizi.
Il giornalista Sanchez-Mazas, ideologo fascista e fondatore della Falange, sfugge ad una fucilazione di massa; tentando di nascondersi in un bosco nei pressi del Collell, viene scovato da un soldato Repubblicano che, inaspettatamente, lo risparmia. E’ questa la storia che affascina il narratore a tal punto da spingerlo ad una ricerca sfrenata su Mazas e sul suo salvatore. Ma c’è di più.
Inizialmente, la ricerca induce il lettore ad interessarsi, incuriosito, della personalità di Sanchez-Mazas, sfuggente e misteriosa; ma, procedendo nell’indagine, ci si accorge di quanto i personaggi che sono all’apparenza insignificanti e che sono oscurati dalla sua fama acquistino d’importanza. Emerge, quindi, che i veri eroi di questa storia sono i partigiani che l’hanno aiutato, i soldati con cui ha affrontato il carcere e, paradossalmente, i suoi stessi rivali. E’ l’esempio degli “amici del bosco”, ma ancor più di Miralles, un veterano semisconosciuto che ha combattuto molte guerre non sue, e che il narratore associa al miliziano repubblicano. Proprio questo capovolgimento determina l’originalità dell’opera: Cercas inizia il suo romanzo con un’ indagine su un tragico episodio storico, ma poi capisce che la priorità degli argomenti è un’altra. Non conta più risolvere il mistero del miliziano, conta comprendere l’essenza di un vero eroe, conta conferirgli importanza, dare voce a dei soldati di guerra altrimenti sconosciuti.
Il lettore è stuzzicato continuamente a riflessioni tanto profonde quanto diverse tra loro, che spaziano dall’importanza dei poeti nel fomentare una rivolta, alla guerra, troppo vasta per rendere giustizia agli uomini comuni. Lo scopo finale del libro, quindi, si arricchisce attraverso ragionamenti oggettivi e ben argomentati e ci induce a porre l’attenzione su tutti quegli aspetti della storia che i libri trascurano, che l’opinione comune lascia nell’oblio.
Infine, a rendere incalzante questo romanzo è senz’altro l’espediente narrativo con cui l’autore si crea un alter ego giornalista, le cui vicende si mescolano con quelle dei protagonisti di cui va a parlare. Ma qui si entra in un altro campo, quello della “narrazione” che riflette su se stessa e che non vuole darci certezze.
La verità è la verità, che la dica Agamennone o il guardiano dei porci.
Agamennone: Sono d’accordo.
Il guardiano dei porci: Non mi convince.
Alice Morassutto e Claudia Vanelli, IIAc