“Fuori Fuoco”, vincitore del Premio Orbil nel 2015 e del Premio Strega Ragazzi e Ragazze del 2015, è un romanzo per ragazzi che narra le vicende della Prima Guerra Mondiale in modo semplice e da un’insolita prospettiva.

L’autrice, Chiara Carminati, che è nata e vive a Udine, narra proprio di un conflitto che devastò la sua terra, il Friuli, e lo fa per mezzo di Jolanda, detta Jole, una ragazzina la cui tranquilla vita sarà stavolta nel 1914, allo scoppio della guerra.

Il punto di vista non è, quindi, di uno di quei soldati che combatterono la guerra o dei grandi leader politici, bensì della gente comune,  di coloro che furono lasciati indietro, come le donne, non a caso i personaggi più presenti nel libro, di coloro che sono rimasti “fuori fuoco” nella Storia.

“Fuori fuoco” sono anche le varie foto che servono a collegare le vicende che Jole e la sorella Mafalda vivono, foto volutamente tutte nere per spingere il lettore a immaginare la scena descritta nella didascalia.

Le due sorelle, dopo essere tornate in Italia a Martignacco perché cacciate dall’Austria, sono costrette ad andare a Udine quando la loro madre viene arrestata, in quanto di origini austriache, e lì trovano la zia Adele, una levatrice cieca, vecchia amica della famiglia della madre.

Grazie ad Adele scoprono le origini segrete della loro famiglia e decidono di andare a Grado dalla loro nonna Natalia, la quale aveva litigato con la figlia molti anni fa e da quel momento non si erano mai più parlate, seguendo le indicazioni lasciate dalla loro madre prima dell’arresto.

Il libro raggiunge il climax quando viene narrata la Disfatta di Caporetto con passaggi che riescono a descrivere molto bene la confusione, la paura e il caos che c’erano in quel momento e il frettoloso movimento dei profughi che scappavano dagli austriaci che avanzavano.

La vicenda si conclude in modo lieto con la fine della guerra, il ritorno della madre a Martignacco, la riappacificazione di Natalia con la figlia e Jole che decide di diventare un ostetricia, come lo erano sua nonna e la zia Adele prima di lei. Questa vocazione di Jolanda si era già sentita quando, durante la fuga dopo Caporetto, aveva aiutato la zia Adele a far partorire un’altra donna che stava scappando.

Devo dire che inizialmente “Fuori Fuoco” mi aveva deluso, perché mi aspettavo un romanzo storico con più particolari, più espositivo, più concentrato sulle battaglie, ma poi ho riflettuto sul libro e mi sono reso conto che lo scopo di Chiara Carminati non era quello dei illustrare gli eventi della Prima Guerra Mondiale, bensì di parlare di quegli aspetti dimenticati, di cui si parla poco, per l’appunto “fuori fuco”.

Per esempio, spesso si parla dell’uso della propaganda e della censura volto a tenere alto il morale e rafforzare il nazionalismo, che fu la causa della guerra, come quando Don Andrea  è costretto a fare un discorso patriottico lodando chi muore per la patria durante la messa e Mafalda nota che “Oggi le parole non gli stanno bene in bocca”.

Si parla anche di come gli austriaci e i tedeschi furono demonizzati, infatti gli abitanti di Martignacco provano diffidenza verso la madre di Jole, essendo nata a Grado, all’epoca città austriaca, e quindi definita “austriacante”, nonostante Jole ricordi che l’Italia aveva iniziato la guerra proprio per riprendersi quelle città.

Il libro non narra la storia degli eventi, ma la storia delle persone, dei civili, che di fatto furono coloro la cui vita fu più stravolta dal conflitto, ed è molto critico nei confronti della guerra e della sua inutilità, tanto che quando un soldato austriaco troverà rifugio temporaneo in un capanno con Jolanda e Mafalda, l’ultima nota che la “bestia tedesca” assomigliava molto alle “bestie italiane”.

Devo quindi rendere atto a “Fuori Fuoco”, inizialmente sottostimato, di avermi dato, con il suo stile semplice, una grande lezione: mi ha ricordato che la storia non è fatta solo di avvenimenti o grandi personaggi, ma la storia, così come le guerre, tocca le persone, una lezione che tutti dovremmo ricordare.

Emiliano Gri

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